10° Archivio Aperto, 27 ottobre – 2 dicembre 2017, Bologna
“Viva il Duce e abbasso l’Istituto Luce!”
Decisamente da riscoprire, lasciando da parte ogni perplessità ideologica, il cinema dei Cineguf, di cui Archivio Aperto ha presentato quest’anno una selezione davvero gustosa, per eterogeneità e valore delle singole opere, a cura di Andrea Mariani dell’Università di Udine.
I Gruppi Universitari Fascisti, negli anni della dittatura, sono stati un luogo di formazione per numerosi cineasti, molti dei quali poi divenuti nomi grossi della produzione cinematografica del secondo dopoguerra (Comencini, Monicelli, Antonioni). Dai Cineguf sono nati circa 500/600 film che, oscillando tra realismo e modernismo, passando da un genere all’altro, per più di un decennio, hanno rappresentato l’unico vero cinema “sperimentale” italiano, nella definizione di Domenico Paolella, da intendere cioè non tanto nel senso della ricerca creativa o formalista, quanto dell’apprendimento della tecnica cinematografica. Il primo film proiettato nella serata di Archivio Aperto è stato Sinfonie del lavoro e della vita (1934) del milanese Ubaldo Magnaghi, un’opera d’avanguardia d’ambientazione urbana e a episodi, caratterizzata da una notevole spettacolarità. Dall’imbottigliamento del latte alla macellazione degli animali al mattatoio, la vita e la morte si susseguono senza soluzione di continuità, tra le scene al luna park e il montaggio rapido dei veicoli in moto per le strade della città. Con la sua mdp leggera e compatta, Magnaghi ha una grande libertà di movimento, che gli permette di omaggiare facilmente il cinema di Pudovkin e di Ejzenštejn. Quest’ultimo e il cinema d’avanguardia sono, insieme a Chaplin, anche i modelli di Renzo Renzi, che sceglie attori non professionisti per La città nemica (1939). Le idee interventiste, anticonformiste e antiborghesi di Renzi nutrono questa ricostruzione in Emilia della Rivoluzione spagnola, in cui un giovane campesino diventa interventista, dopo aver conosciuto in città gli orrori della Repubblica. Un esempio di film scientifico è, invece, Interessante caso di spasmo da torsione, girato da Mario Bencivenga del Cineguf di Perugia nel 1937, all’interno dell’ospedale psichiatrico della stessa città. Una paziente soffre di una distonia da torsione, un’infermiera cerca di contenerne gli spasmi. La fusione di impulso documentario e semeiotica medica non impediscono, per la magrezza della donna sofferente, di associare le immagini di questo corpo a quelle, molto più facili da reperire, degli internati nei campi di concentramento nazisti. Stesso intento documentaristico per il notiziario o cinegiornale amatoriale dei fratelli Chierici, che mostra le attività del Cineguf di Genova, con grande enfasi sul realismo quotidiano. I Chierici filmano la visita agli universitari in guerra nel 1941, con annesso incontro di calcio. Non manca un’inquadratura delle gambe di una spettatrice. E, nella descrizione della giornata di una scolaresca di Bimbi a scuola (1939), ambientato a Soglio, l’unico film della serata girato in 9,5mm invece che in 16mm, i Chierici propongono un antidoto realistico alla scarsa autenticità del cinema “in frac” dell’epoca. Nel 1940, Luciano Emmer gira nelle stanze vuote della sede milanese del Popolo d’Italia Il covo. Musica sinfonica, rumori e canzoni popolari, ma niente voce over, a contestare l’estetica convenzionale dell’Istituto Luce. Pioggia scrosciante alla Joris Ivens, retorica celebrativa, influenza del cinema d’avanguardia (anche qui). Solo tre anni dopo, Visconti presenta al Cineguf di Roma Ossessione: il Neorealismo e il cinema moderno italiano sono proprio il punto d’arrivo di queste sperimentazioni di regime.