Non escludo il ritorno
Quante volte ha appeso la matita al chiodo Hayao Miyazaki? Le due più famose: nel 1998, dopo l’uscita del faticosissimo Principessa Mononoke; nel 2013, dopo la realizzazione di quella che nelle intenzioni è la summa della sua poetica, Si alza il vento. E quanti sono i suoi eredi? Facile: zero.
Dopo la scomparsa prematura del suo successore designato Yoshifumi Kondo (morto all’improvviso nel 1998 a causa di un aneurisma), l’abdicazione del figlio Goro (dedito oggi alle serie tv in CGI) e il ritiro – questo sì, reale – del sodale Isao Takahata… non rimane che il 76enne Hayao, conscio dell’inevitabile chiusura dello Studio Ghibli così come della complessità della sua persona – tutta talento, carattere, intransigenza – che divora chiunque gli stia attorno. Never Ending Man, prodotto per la televisione nipponica, racconta quindi un evento che di fatto non c’è, il crepuscolo di un dio nel momento del suo definitivo sacrificio. Le riprese sghembe, quasi amatoriali e sconclusionate (in sintesi: un disastro) di Kaku Arakawa finiscono per narrarci altro: la quotidianità di un uomo solo e non in pace con se stesso, di un numero primo che non si rassegna al tramonto perché non ritiene nessuno alla sua altezza (a meno di non avere a che fare con una copia di se stesso, come finisce per dichiarare ad un certo punto), di un workaholic non omologato e perfezionista che finge di confrontarsi con le nuove tecniche di animazione solo per poi riaffermare il primato del disegno artigianale. Forse per eccesso di deferenza nei confronti del maestro o forse perché in corso d’opera ci si è ritrovati a filmare qualcosa di diverso rispetto all’obiettivo primario, i 70 minuti scarsi che danno forma a Never Ending Man sono tecnicamente inguardabili, sono i brandelli (gli scarti?) di quello che avrebbe dovuto essere un documentario del genere. Ai soliloqui casalinghi di Miyazaki che girovaga per la cucina si alternano le sequenze della sua agitazione in studio, quando – totalmente insoddisfatto del lavoro fatto dalla giovane crew di nerd digitali sul cortometraggio Boro il bruco – riprende in mano la matita e ricomincia a disegnare. Nel mezzo, l’unica scena che crea un minimo sussulto emotivo: la dura invettiva sulla mancanza di etica di un software di intelligenza artificiale che riproduce uno zombi, che lascia di stucco i – fino a 30 secondi prima – fieri programmatori. Considerando che in Italia Never Ending Man è stato distribuito al cinema per un solo giorno come un evento imperdibile, il risultato non giustifica neanche alla lontana il prezzo (maggiorato) del biglietto. La sua giusta collocazione? I contenuti extra di un dvd/blu-ray di lusso, magari proprio di quel Il regno dei sogni e della follia che già nel 2013 aveva ampiamente esaurito il discorso sul mondo Ghibli.
Never Ending Man – Hayao Miyazaki [Owaranai Hito: Miyazaki Hayao, Giappone 2016] REGIA Kaku Arakawa.
SOGGETTO Kaku Arakawa. FOTOGRAFIA Kaku Arakawa. MONTAGGIO Tetsuo Matsumoto.
Documentario, durata 70 minuti.