12. Festa del Cinema di Roma, 26 ottobre – 5 novembre 2017, Roma
Furti, bifolchi e country music
“Nascar è l’America”. Lo dicono due dei membri del team che in Logan Lucky cerca di effettuare una rapina piuttosto scombinata, ma è anche l’assunto “socio-culturale” su cui si fonda il nuovo film di Steven Soderbergh, che con le logiche dell’heist movie mette in scena l’America profonda, lontana dalle élite politiche, economiche o culturali.
Il protagonista è una ex-promessa del football che un infortunio ha costretto al ritiro, diventando operaio. Quando lo licenziano, pensa di svoltare organizzando una rapina al più grande circuito automobilistico del West Virginia: ma oltre al fratello, ha bisogno di un piano e di una squadra. Uno meno probabile dell’altra. Scritto da Rebecca Blunt (probabilmente uno pseudonimo: pratica tipica di Soderbergh quando copre ruoli differenti dalla regia), Logan Lucky è la versione country di Ocean’s Eleven, una variazione sul tema in cui il lavoro sul contesto sembra il vero e proprio testo del film. A partire dal racconto della classe operaia, un ritrovato piacere del cinema americano recente come non accadeva da qualche decennio – basti pensare al cinema di Peter Berg, David Gordon Green, ma anche Linklater –, il film di Soderbergh mostra l’ambientazione proprio in quanto atto creativo e quindi scelta estetica, stilistica e di conseguenza politica del film: visto il modello della trilogia con Clooney, passare da Las Vegas al West Virginia significa cambiare rotte, personaggi, temi. E anche cambiare stile cinematografico. Soderbergh infatti cura questi elementi fin dallo script, dagli abiti e dalle scenografie, calibrando i luoghi prescelti (tra cui, su tutti, l’obiettivo) per esaltarne lo spirito americano, annotando le bizzarrie kitsch del popolo cafone che ritrae, ma lasciando l’eventuale ironia di sguardo allo spettatore. Perché Soderbergh ama i suoi personaggi, la genuinità con cui cercano la gloria e i lustrini di Las Vegas ma poi piangono per America the Beautiful prima della gara o per Take Me Home, Country Roads durante una gara di bellezza per bambine. E in virtù di questo amore, la messinscena è opposta agli Oceans: il ritmo è meno frenetico, la costruzione delle sequenze non è acrobatica, ma lavora su una sintassi e su un montaggio (opera dello stesso Soderbergh, come la fotografia) più ampi, con inquadrature meno precise, con colori più pastosi, con uno humour più lunare e disadattato, attori (magnifici) e personaggi che guardano alle retrovie. Soderbergh passa dallo scintillio di Hollywood alla polvere e al catrame di un’America che fa sempre i conti con le proprie maledizioni, con le disgrazie ataviche e incomprensibili (la maledizione dei Lucky, come la chiama Adam Driver). E da quelle impara a proprie spese e paga sempre i propri conti.
Logan Lucky [id., USA 2017] REGIA Steven Soderbergh.
CAST Channing Tatum, Adam Driver, Daniel Craig, Riley Keough.
SCENEGGIATURA Rebecca Blunt. FOTOGRAFIA Steven Soderbergh (come Peter Andrews). MUSICHE David Holmes.
Commedia/Azione, durata 118 minuti.