Sogni infranti
Candidata olandese all’Oscar al Miglior Film Straniero, pluripremiata agli equivalenti nazionali dell’Academy, The Paradise Suite, opera seconda del regista Joost van Ginkel, è l’ambizioso tentativo di sintetizzare le bisettrici di sei parabole umane entro i confini della medesima cornice, quella di un’Amsterdam contemporanea qui assunta a capitale del “sogno” europeo.
Al centro dello stesso mosaico convergono le vicende del celebre direttore d’orchestra Stig e del suo rapporto contrastato con il figlioletto Lukas; della giovane Jenya che, spinta dalla madre, dalla Bulgaria fugge in Olanda con la speranza di diventare modella, ma si ritroverà proiettata nell’incubo violento del mercato del sesso; della dottoressa bosniaca Seka, assetata di vendetta per la morte del suo unico figlio e in spasmodica ricerca di Ivica, suo assassino ora in cerca di un nuovo inizio; infine, dell’immigrato clandestino africano Yaya, gentile e generoso, ma destinato alla più cruda delle fini. Abile burattinaio, van Ginkel riesce nell’impresa di condensare in meno di due ore l’ordito casuale alla base degli incontri dei protagonisti, spesso ridotti a uno scambio di sguardi che vale più di mille parole. L’intento è naturalmente quello di porre l’accento, qui minacciato dall’ombra della tesi, sull’inferno disumano che anche una capitale illustre del vecchio continente può riservare a uomini e donne in cerca di futuro, e smascherare l’orrore, sottolineato da più di una gravosa sequenza, che come una macchina fuori controllo può incastrare tra i propri ingranaggi chiunque provi a dettare il passo al proprio destino, specialmente se in reazione al vuoto di una ineludibile condizione di povertà o sfruttamento. Interpreti e comprimari sembrano più che all’altezza dell’impresa, offrendo anche nel quadro franto di una struttura paraepisodica tutti gli appigli necessari allo spettatore per immedesimarsi. Regia, scrittura e impianto visivo fanno il resto, dosando con abilità le scelte linguistiche (consapevole l’uso della macchina a mano), la mappatura scenografica (una Amsterdam meno vista del solito) e la costruzione del ritmo. Cosa non torna allora in questo lavoro che vorrebbe attaccare la dimensione più oscura e sotterranea della vita in Europa? Forse il suo essere terribilmente europeo, complici i meccanismi produttivi e finanziari che ne hanno mosso la realizzazione: esiste ormai una vera e propria categoria di film e storie, ben fotografate e spesso anche ben scritte, in cui la forza dello sguardo appare trattenuta dal processo che gli ha permesso di declinarsi. Duro e senza sconti sulla carta, The Paradise Suite avrebbe potuto fuggire la carta e andare ancora più a fondo, ancora più sotto la pelle dei suoi personaggi. Ne avrebbe guadagnato in sincerità e urgenza.
The Paradise Suite [id., Olanda 2015] REGIA Joost van Ginkel.
CAST Anjela Nedyalkova, Boris Isakovic, Erik Adelöw, Issaka Sawadogo, Magnus Krepper.
SCENEGGIATURA Joost van Ginkel. FOTOGRAFIA Andéas Lennartsson. MUSICHE Alexander Doychev, Bram Meindersma.
Drammatico, durata 118 minuti.