Barbari, selvaggi, civilizzati
È necessario, prima di tutto, un commento lapidario: siamo certi di trovarci di fronte a una delle più grandi serie di tutti i tempi. Sì, è vero, è un po’ affrettato come giudizio, soprattutto tenendo conto del fatto che sembra essere tra i piani di David Fincher sviluppare un progetto che faccia durare per ben altre quattro stagioni questo sontuoso crime drama.
Ma la forza del prodotto è già lampante e non si può fare molto per sottrarsi all’ipnotico flusso di eventi, personaggi e riferimenti storico-culturali messi in campo. Quali sono dunque le grandi qualità di questo gioiello targato Netflix? Andiamo con ordine. Punto numero 1 – Mindhunter è una serie che prova a destrutturare il genere, agendo dall’interno sui suoi elementi e ricomponendoli come fossero i tasselli di un puzzle al quale è come se mancasse qualche pezzo, ma sorprendentemente riuscisse a essere sempre completato, in un fine gioco di geometrie e perfetti incastri visivi e narrativi. Punto numero 2 – la struttura di fronte alla quale ci troviamo è cesellata con pattern identificabili ma continuamente disposti in modo da non essere facilmente riconoscibili. Inoltre la profondità con la quale si utilizzano sia gli elementi profilmici sia quelli filmici ha a che fare con questo tipo di uso della ripetizione: si pensi a quanta forza riescono a imprimere al discorso sul contenimento visivo e sul concetto di prigionia le porte e i cassetti che si chiudono, le stanze, le celle, le abitazioni e quanto facciano lo stesso il montaggio e il tipo di illuminazione utilizzata, che – tra le altre cose – sembra limata per apparire sempre squisitamente monocorde (in totale concordanza con quel pressante bisogno di abbattere il concetto di manicheo, fulcro teorico ed etico attorno al quale si dipana tutta questa prima stagione). Punto numero 3 – la straordinaria qualità con la quale sono stati scritti e messi in scena i personaggi: non c’è una figura che sia fuori posto. Ma ciò che funziona sopra ogni cosa è la cura dei vezzi e delle personalità dalle quali questi derivano. Le più grandi scene di tensione, infatti, si giocano tutte utilizzando queste caratteristiche: in quelli che apparirebbero, a cose normali, banali e reiterati dialoghi in campo-controcampo, riusciamo facilmente a scovare, tanto sono ben incorporati, psicologismi di altissima qualità. Ma la cosa più grandiosa di questo incredibile modo di raccontare tutte le sfaccettature della contorta ma naturale essenza del comportamento umano è soprattutto una: quella di insinuare il dubbio sui presunti serrati ranghi delle tre categorie principali del mondo in cui abitiamo: barbari, selvaggi e civilizzati. Insomma, è difficile resistere al caldo e affettuoso abbraccio di un socievole e pacato killer seriale. Perché in fondo siamo tutti fratelli. Siamo tutti esseri umani.
Mindhunter [id., USA 2017 – in corso] IDEATORE Joe Penhall.
CAST Jonathan Groff, Holt McCallany, Anna Torv, Hannah Gross, Cotter Smith.
Drammatico/Thriller 34-60 minuti (episodio), stagione 1.