Frecce e spirali
BoJack Horseman è una serie che ci ha abituati a vedere spazzate via le nostre aspettative. Un momento sembra una cinica satira sullo show business, un attimo dopo riflette sulle varie manifestazioni della depressione e esplora a fondo rapporti amicali, sentimentali e familiari, dal punto di vista “interspecie” che caratterizza questa Hollywoo abitata da esseri umani e animali.
La famiglia (declinata in una varietà di modi) e la genitorialità sono i temi portanti della stagione, e quest’ultimo in particolare sembra assediare BoJack da ogni dove: da un lato si trova ad avere a che fare con una figlia biologica, Hollyhock, che non sapeva di avere, dall’altro, nonostante tentativi reiterati, sembra impossibilitato ad allontanarsi dalla presenza tossica di una madre che non lo ama e che rimane per molti versi ingestibile, con l’aggravante dell’Alzheimer in uno stadio avanzato. In primo piano è la sfera affettiva più intima di BoJack, le cui involuzioni interiori, crisi e self-hatred investono soprattutto Hollyhock (una cavallina teenager rappresentata con la consueta delicatezza anti-paternalistica), definendo un arco narrativo più separato dagli altri personaggi rispetto alle stagioni precedenti. D’altra parte la gatta Princess Carolyn è alle prese con la conciliazione tra la sua carriera e i tentativi di diventare madre, mentre il labrador Mister Peanutbutter si candida come governatore, senza accorgersi che rischia di mandare a monte il suo matrimonio con Diane. Come sempre puntuale la rappresentazione del mondo dell’entertainment e dell’universo mediatico (Diane ora scrive per un magazine pop-femminista alla moda gestito da una giovanissima), un po’ già vista la parodia del topos “l’idiota al potere” – con tanto di iperbolica sottotrama sul fracking – ma funzionale all’indagine anche dolorosa della relazione di coppia. Dove questa stagione brilla davvero è nella scelta di approfondire il background familiare di BoJack, concentrandosi sull’imperscrutabile personaggio della madre, con una manciata di episodi struggenti e narrativamente audaci sul passato e sulla malattia, come 4×02, “The Old Sugarman Place” e 4×10, “Time’s Arrow”, passando per il trip nella mente ossessionata di BoJack, 4×06, “Stupid Piece of Sh*t”. Complessivamente la struttura della stagione può apparire meno compatta delle annate precedenti, e la riuscita degli episodi più discontinua, ma BoJack Horseman rimane una delle serie più divertenti e intrepide degli ultimi anni, capace di cambiare tono con una facilità invidiabile, e di inserire tematiche ancora praticamente inesplorate dai media (come l’asessualità di Todd) dentro il macrotema del tentativo altalenante di non soccombere all’infelicità.
BoJack Horseman [id., USA 2014] IDEATORE Raphael Bob-Waksberg.
CAST (DOPPIATORI ORIGINALI) Will Arnett, Amy Sedaris, Alison Brie, Aaron Paul, Paul F. Tompkins.
DISEGNI Lisa Hanawalt.
Animazione, durata 25 minuti (episodio), stagione 4.