Gentlemen e cowboy contro tutti
Matthew Vaughn è uno di quei registi che, sebbene siano ormai inseriti nel sistema hollywoodiano, non rinunciano alla propria personalità, marchiando a fuoco le proprie pellicole e in particolare dissacrando alcuni buoni costumi degli Studios.
Era stato così in Kick-Ass, e poi in maniera forse più marcata con Kingsman – Secret Service prendendo di mira le spy story di derivazione bondiana. Guardava non solo al genere ma in primis si divertiva con gli stereotipi sui britannici: a partire dal savoir faire e dal buon gusto, il film raccontava di un’organizzazione di agenti segreti che utilizzavano come copertura una sartoria d’alta classe. Il cortocircuito non avveniva tanto nella messa in scena di sequenze d’azione rocambolesche con al centro perfetti gentlemen, ma per il fatto stesso che Eggsy, il protagonista, non aveva nulla da spartire con il resto dei Kingsman, lontano da quel vetusto mondo nobiliare perché semplice teppista di periferia. Nel primo Kingsman, colpiva l’uso esplicito e barocco della violenza e il ruolo del sesso, molto poco politically correct e più simile al sintomo di un senso pruriginoso e volgare. Insomma Kingsman – Secret Service era una pellicola che volutamente predicava bene e razzolava male, dietro a tutta la classe sbandierata dai protagonisti ci si trovava di fronte a una pellicola pop, a tratti fumettistica e ipertrofica. Il suo seguito, Kingsman – Il cerchio d’oro, conferma tutto ciò che il primo episodio aveva mostrato, con una variante: a essere al centro di questo processo di macchiettizzazione non sono solo gli inglesi ma anche gli statunitensi. In seguito a un attacco missilistico che ha colpito le basi della Kingsman, uccidendone quasi tutti i membri, da parte di una signora dello droga, amante dei Fifties e a capo del più importante cartello mondiale, i rimanenti, Eggsy, Merlino e un redivivo Galahad, si rivolgono all’agenzia gemella statunitense, la Statesman, a loro volta mascherati sotto un’importante distilleria di whisky. Se i Kingsman erano perfetti lord inglesi, gli agenti della Statesman al contrario sono dei cowboy spacconi armati di lazo. Bevitori, sbruffoni e schietti, gli americani sono il centro nevralgico di tutte le contraddizioni, liberali convinti, difendono vizi come l’alcool appunto, ma sulla droga le istituzioni si dimostrano intransigenti fino all’estremo, pronti ad assecondare il piano della signora della droga e far morire milioni di persone solo per risolvere due problemi in uno. Kingsman – Il cerchio d’oro conferma la capacità di spiazzare giocando con scorrettezze di vario genere, ma divertendosi. Sconta una certa lungaggine rispetto al primo episodio e un’inevitabile ipertrofizzazione della parte action, ma in fondo non scalfisce la sua principale qualità: rompere la seriosità di un genere, giocando a volte sporco e colpendo basso.
Kingsman – Il cerchio d’oro [Kingsman – The Golden Circle, Gran Bretagna/USA 2017] REGIA Matthew Vaughn.
CAST Taron Egerton, Colin Firth, Mark Strong, Julianne Moore.
SCENEGGIATURA Dave Gibbons, Matthew Vaughn, Jane Goldman, Mark Millar. FOTOGRAFIA George Richmond. MUSICHE Henry Jackman, Matthew Margeson.
Azione, durata 142 minuti.