SPECIALE OSCAR 2018
Il mondo a forma di del Toro
L’atteso nuovo film di Guillermo del Toro è stato uno dei titoli più convincenti in concorso a Venezia 74, confermandosi sia come Miglior Film che come Miglio Regia anche durante la notte stellata degli Oscar 2018.
Ispirato come non accadeva dai tempi de Il labirinto del fauno, il regista messicano confeziona un fantasy solido, pieno di trovate visive e di cura per i dettagli, a cominciare dalla raffinata ambientazione d’epoca – la storia è ambientata negli anni ’50, in piena Guerra Fredda – e da un eccezionale lavoro sulla scenografia – l’appartamento della protagonista e del suo vicino collegati idealmente alla sala cinematografica sottostante con piani sequenza avvolgenti – che danno al film un’atmosfera retrò permeata di cinefilia nella quale si fonde, perfetto contraltare, l’immaginario perturbante dell’autore. La fascinazione di del Toro per “i diversi” si concretizza nei protagonisti: la muta Elisa (una strepitosa Sally Hawkins), coraggiosa e sensibile, e la Creatura anfibia (cui dà corpo l’attore e mimo Doug Jones) che diventa oggetto di studi da parte dell’esercito americano (e di brame da parte dei russi) per capirne la reale natura: è un essere senziente dotato di poteri soprannaturali o un mostro guidato solo da impulsi ferini pericoloso per l’uomo? Non ha dubbi a riguardo “lo sbirro cattivo” Strickland: manganello in mano e mentina sempre in bocca, Michael Shannon impersona un villain a tutto tondo, reazionario, razzista e ambizioso, archetipo deviato dell’americano medio dell’epoca (emblematico il suo acquisto di una lussuosa Cadillac come status symbol), che perde il controllo davanti alla comparsa dell’irrazionale, di un essere che, nel suo mondo perfetto diviso in buoni e cattivi, bianchi e neri, non può esistere nella sua diversità. Una diversità che ritroviamo anche nel malinconico pittore Giles, reietto perché omosessuale, senza lavoro perché “non al passo con i tempi” (lui che ancora dipinge a mano cartelloni pubblicitari nell’era della fotografia), che guarda film musicali in bianco e nero, e trova nella diversa Elisa l’unico conforto alla sua solitudine. I freaks sono gli eroi del cinema di del Toro, incapaci di adeguarsi a un mondo consumista e violento, lo scardinano quasi involontariamente, da magnifici perdenti, con un’incoscienza romanticamente naïf. È un del Toro meno horror e più sentimentale, ma che non rinuncia a momenti di tensione ed effetti crudi nella sua love story fantasy un po’ King Kong e un po’ La Bella e la Bestia (ma la sessualità ora non è più allusiva). Al centro del film il racconto di una realtà, spesso brutale, che il regista affronta dandoci una chiave di evasione, per condurci in un altro mondo: una camera piena d’acqua o un cinema buio dove guardare in uno schermo storie di mostri così simili a noi.
La forma dell’acqua – The Shape of Water [id., USA 2017] REGIA Guillermo del Toro.
CAST Sally Hawkins, Michael Shannon, Doug Jones, Richard Jenkins, Octavia Spencer.
SCENEGGIATURA Guillermo del Toro, Vanessa Taylor. FOTOGRAFIA Dan Laustsen. MUSICHE Alexandre Desplat.
Fantasy, durata 119 minuti.