Il Paese dei cedri
In uno dei film più convincenti della sezione “Orizzonti”, il gelido e cinico Under the Tree dell’islandese Sigurdsson, una faida tra due famiglie vicine di casa viene causata da un albero non potato; un motivo futile che scatena una spirale di violenza e follia crescenti.
In The Insult del libanese Ziad Doueiri, che in questi primi giorni di concorso non ha certo sfigurato, la miccia che fa detonare il conflitto è altrettanto banale e quotidiana, capace però di scoperchiare il vaso di Pandora di odi e tensioni ataviche e di interessare un intero popolo. A Beirut tra un meccanico cristiano e un rifugiato palestinese vola, per un piccolo scontro in ambito lavorativo, una parola di troppo, l’insulto del titolo; sbarcato in tribunale per quella che sarebbe dovuta essere una querela come tante, il fatto da qualunque si trasforma in fattaccio di portata nazionale. I due contendenti, ben oltre la loro volontà, diventano i simboli dei due schieramenti e la vicenda si tramuta in un vento che soffia sul fuoco delle tensioni contemporanee e riaccende quelle ereditate dalla guerra civile, riaprendo le ferite che nei decenni scorsi i due schieramenti si sono inferti a vicenda. D’altro canto i due malcapitati protagonisti, sballottati fin nel privato dal baillame mediatico/giudiziario, in qualche modo si avvicinano, trovando quei punti di contatto quotidiani che l’odio religioso e culturale aveva nascosto. L’apparente semplicità e la linearità di The Insult, per più di metà girato come un film giudiziario tra le quattro mura dell’aula di tribunale, non nasconde le ambizioni e l’ardua e in buona parte vinta scommessa: quella cioè di dare uno spaccato problematico e il più possibile distaccato delle tensioni interne, senza prendere posizione e cercando di mostrare come in questo caso torto e ragioni siano concetti fluidi. Il film è soprattutto una testimonianza, filtrata dal “genere”, di una nazione spaccata e ancora ben lontana dalla riconciliazione, dove le tensioni e le rivendicazioni sono ormai mali atavici, emorragie interne pronte a riaprirsi al minimo segnale. Doueiri realizza questo affresco, come detto, affidandosi alle armi del cinema giudiziario, e in qualche modo più alle parole – dei ricordi e delle testimonianze – che alla ricerca visiva e alle immagini, scegliendo una forma di racconto e una ritmica molto “statunitensi”; lo si vede, per esempio, nella definizione dei personaggi e dei loro rapporti. In questo modo, al netto di qualche colpo di scena e qualche scelta narrativa un po’ facili, riesce a tenere alta la tensione e a giocare sulle due sponde: quella del privato dei protagonisti e quella pubblica che riflette dalla loro vicenda. Senza raggiungere vette memorabili, ma facendo con onestà e robustezza quasi artigianale il suo mestiere.
The Insult [L’insulte, Libano/Francia 2017] REGIA Ziad Doueiri.
CAST Adel Karam, Kamel El Basha, Camille Salameh, Diamand Abou Abboud, Rita Hayek.
SCENEGGIATURA Ziad Doueiri. FOTOGRAFIA Tommaso Fiorilli. MUSICHE Eric Neveux.
Drammatico, durata 110 minuti.
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