SPECIALE OSCAR 2018
Trovare lo sguardo giusto
Quello di Christopher Nolan è un cinema “ecumenico” per la sua capacità di collocarsi in una zona di mezzo tra il circuito commerciale e quello d’essai. In realtà, piuttosto che in mezzo, esso è sempre stato ubiquo guadagnandosi il rispetto della critica ma non rinunciando mai a tenere per mano lo spettatore occasionale, col risultato di essere a tratti − cosa che a Interstellar molti non hanno perdonato − lezioso o ridondante.
Con Dunkirk, il regista ha dovuto calibrarsi e cercare un nuovo sguardo che gli consentisse di parlare di fatti tragici realmente accaduti in modo efficace e, soprattutto, moderno. Da questo punto di vista, il suo ultimo film è ineccepibile poiché sceglie di costruire il meno possibile – o almeno di non farlo in modo “classico” – e di raccontarci una storia corale con un manipolo di personaggi delineati solo dal proprio aspetto e dalle proprie azioni. La dimensione eroica è lontana anni luce, il melodramma è un ricordo del passato (per fortuna non abbiamo più bisogno di soldati che ricevono lettere dalla fidanzata lontana o che custodiscono gelosamente i pendagli della nonna) e le strategie militari sono risparmiate: ci basti sapere che a Dunkirk ci sono 400.000 corpi coi loro bisogni legati alla sussistenza e che bisogna salvarli o le potenze dell’Asse faranno una carneficina e avranno la strada spianata per espandersi nel Regno Unito. I dialoghi sono ridotti all’osso ma ciò non significa che allo spettatore non siano dati dei varchi d’accesso: l’accento della pellicola è tutto posto sull’azione (ma si dovrebbe parlare di sopravvivenza), sulla qualità della scenografia, della ricostruzione storica e sulla fotografia eccezionale che dà il suo meglio nella versione da 70mm, formato usato per l’intero film e non solamente per alcune scene. Dunkirk è da vedere al cinema, essendo pieno di campi lunghissimi che ci mostrano le file di soldati in attesa del proprio turno per imbarcarsi, di conflitti aerei che sembrano fatti apposta per farci sentire all’interno di una scatoletta di metallo con motore Rolls-Royce e quando un siluro colpisce le barche alleate e in pochi secondi cento soldati si trovano a respirare acqua, anche noi saremo costretti a trattenere il respiro insieme all’intera sala. La modernità di Dunkirk si riconosce anche dalla mancanza di temi musicali facilmente riconoscibili: Hans Zimmer si asservisce all’azione creando dei ritmi che seguono e si confondono con i passi di un soldato che corre o il rumore del mare in tempesta. Anche la colonna sonora segue la vocazione al realismo del film che, pur trattandosi di un prodotto di fiction orchestrato fin nei minimi dettagli, sceglie di eliminare le tecniche narrative più appariscenti (a parte nel finale dove Nolan si lascia un po’ andare), una scelta azzeccata che gli consente di mantenere uno sguardo partecipe ma mai artificioso.
Dunkirk [id., Gran Bretagna/Paesi Bassi/Francia/USA 2017] REGIA Christopher Nolan.
CAST Fionn Whitehead, Damien Bonnard, Mark Rylance, Tom Hardy, Kenneth Branagh.
SCENEGGIATURA Christopher Nolan. FOTOGRAFIA Hoyte Van Hoytema. MUSICHE Hans Zimmer.
Drammatico/Guerra, durata 106 minuti.
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