Il potere osceno del comico
L’ultimo film di uno più efficaci cantori contemporanei della desolazione esistenziale, Todd Solondz, è diviso in quattro episodi con protagonisti diversi, che però, collegati tra loro, è come se raccontassero un’unica esistenza.
C’è il bambino vittima di una malattia, la giovane solitaria un po’ disadattata, il maturo sceneggiatore depresso e un’anziana artista in fin di vita: filo conduttore delle quattro vicende, oltre all’infelicità e alla solitudine, è il bassotto del titolo, che passa dalle mani di un protagonista a quelle dell’altro diventando sia testimone che in qualche modo detonatore delle loro condizioni esistenziali. Solondz è uno di quei registi che in qualche modo – come si dice in gergo – fa sempre lo stesso film, riuscendo però ogni volta a creare qualcosa di diverso e a centrare il bersaglio, rinnovando la propria poetica e rendendo sempre urgenti e attuali tematiche care e ricorrenti. Anche in questo caso, come in Happiness, la sua opera più celebre e famosa (ma anche come in Dark Horse, il suo lavoro in qualche modo più “tradizionale”, per quanto altrettanto riconoscibile e pregno della sua poetica), in scena sono personaggi disperati, soli, malati mentalmente e interiormente, traumatizzati e alla vana ricerca del minimo bagliore di felicità e di serenità. Soprattutto anche in questo caso l’autore si dimostra estremamente abile a saper usare il potere perturbante del comico, l’arma con cui scandaglia le profondità delle desolazioni interiori dei suoi personaggi e con cui trova la maniera di affrontare l’osceno e l’indicibile. È una comicità che nasce dal contrasto tra l’apparente semplicità della messa in scena e la naturalezza con cui avvengono i dialoghi o le vicende che di questo comico osceno sono portatrici da un lato, e dall’altro la gravità delle situazioni, la profondità del malessere dei personaggi e l’ineluttabilità del loro disagio. Ci sono situazioni quasi insostenibili per quello che raccontano, in cui la risata diventa un’estrema via di fuga, ma che vengono affrontate senza cinismo, perchè anche in Wiener-Dog c’è, altra costante del regista, pietas nei confronti dei personaggi: c’è il tentativo di capirli e di comprendere la loro disperazione, quasi di partecipare al loro dolore. Elemento questo che rende il cinema di Solondz ancor più desolato, con il pessimismo qui accentuato dal fatto che il convitato di pietra di tutti gli episodi del film è la morte, che rende ancora più agre le risate, ma che allo stesso tempo può aiutare lo spettatore più volenteroso a leggere con occhi diversi e meno severi, con perlomeno più empatia anche in caso di condanna o di disaccordo, personaggi e situazioni della vita quotidiana.
Weiner-Dog [id., USA 2016] REGIA Todd Solondz.
CAST Keaton Nigel Cooke, Greta Gerwig, Danny DeVito, Ellen Burstyn, Kieran Culkin, Julie Delpy.
SCENEGGIATURA Todd Solondz. FOTOGRAFIA Edward Lachman. MUSICHE James Lavino.
Commedia/Drammatico, durata 88 minuti.