Nella buona e nella cattiva sorte. O forse no.
L’America di Paul Schrader è un salotto rosa confetto con dentro un pazzo omicida. Difficile stabilire quale dei due è più mostruoso. Se l’ipocrita superficie di stucchevole purezza, o il delirante pesce fuor d’acqua che tenta invano di tuffarcisi dentro. Entrambi, però, traboccano umanità, nell’illusorio tentativo di trascendere l’imperfezione.
Con Cane mangia cane, Paul Schrader torna alla regia dopo il pasticciaccio brutto della produzione di Il nemico invisibile, disconosciuto dal regista e dal cast per l’arbitrario montaggio finale. Il soggetto è il crudo romanzo di Eward Bunker, incentrato su tre ex compagni di penitenziario alle prese con la realtà al di fuori delle sbarre. Ingaggiati da un boss interpretato dal regista, Troy, Diesel e Mad Dog tentano l’ultimo colpo milionario come viatico per una nuova vita. Ma l’aspirata ascesa verso la redenzione si scontra con la viscosa immanenza degli eventi. Con una ferocia in parte annacquata dall’eterogeneità stilistica, Schrader realizza un film sui generis di impossibile affrancamento da un destino irriducibile. Più i protagonisti smaniano la risalita, più affondano lentamente in una compagine letale di sabbie mobili. Schrader ne traduce l’insidiosa collosità nella paratassi del montaggio a tendina e nel succedersi orizzontale di ambienti e situazioni. Alla valorizzazione del fuori campo affida il confine invalicabile tra gli individui, che sia la distanza tra Troy e il proprio mandante o l’immagine di Diesel riflessa nello specchio, a ricalcarne la percezione fallace da parte di un’attraente sconosciuta. Solo nella parte finale la caduta si fa, letteralmente, ineluttabile, portando a termine la tesi inziale dell’homo homini lupus. Non c’è speranza di relazione umana nella deriva centrifuga degli interessi e il “cane sciolto” Mad Dog è in questo senso il personaggio più tragico. Una solitudine, la sua, che la mimesi congestionata di Willem Dafoe, in contrasto con la freddezza granitica di Christopher Matthew Cook e l’impassibilità dolente di Nicolas Cage, rende ancora più esasperata. Attorno a loro, implacabile come una morsa, si chiude un sistema intimamente violento, dove ingiustizia e sopraffazione sono motori perfettamente inseriti. La commistione di codici stilistici, che spaziano dalla patina pop della video-music al bianco e nero del gangster movie, passando per soluzioni classiche ed eccessi lisergici, non fa che ribadirne la natura indecodificabile. Un eclettismo che non teme il ricorso a datati cliché, anzi li ostenta con la stessa risolutezza con cui Troy omaggia Humphrey Bogart.
Cane mangia cane [Dog Eat Dog, USA 2016] REGIA Paul Schrader.
CAST Nicolas Cage, Willem Dafoe, Christopher Matthew Cook, Paul Schrader.
SCENEGGIATURA Matthew Wilder (tratta dall’omonimo romanzo di Edward Bunker). FOTOGRAFIA Alex Dyner. MUSICHE Nicci Kasper, Deantoni Parks.
Azione/Drammatico/Noir, durata 93 minuti.