Il Cinema Ritrovato – XXXI edizione, 24 giugno – 2 luglio 2017, Bologna
Il dinamismo reale e quello percepito
Tra le tante chicche viste al XXXI Cinema Ritrovato di Bologna vi è anche Divine, film del 1935 diretto da Max Ophüls che il festival ha inserito nella sezione sul rapporto tra Colette e il cinema in quanto l’autrice francese ha scritto la sceneggiatura della pellicola.
Nonostante ciò, l’opera non è interessante tanto per lo script, quanto per la regia dinamica e avvolgente del cineasta tedesco, che qui – come in altri suoi lavori – sfrutta la macchina da presa in modo assolutamente fluido e dinamico. Infatti, nel raccontare la storia di una ragazza che dalla campagna si trasferisce a Parigi per entrare nel corpo di ballo di un vaudeville cittadino, l’opera fa ampio ricorso a diversi piani sequenza che si articolano in vorticosi e spettacolari movimenti di macchina. Long take dal ritmo rapido usati con lo scopo di restituire tutta la frenesia e la velocità del mondo dello spettacolo, ambiente che la cinepresa mobile riprende nel suo insieme stratificato e caotico, composto da tanti spazi, persone e piccole storie. Scelte formali che, insieme a una narrazione ricca di elissi e a dei rapidi nodi di montaggio, trasmettono alla pellicola un ritmo sincopato e irrefrenabile che non descrive solo il teatro parigino, ma che riflette inoltre lo stato emotivo e psicologico della protagonista. Ludivine (questo il nome del personaggio) è infatti una ragazza di campagna abituata a una quotidianità lenta e compassata che quando si trasferirà nella capitale entrerà in un universo per lei del tutto inedito e sconosciuto, dove – tra luoghi affollati e ritmi convulsi – si sentirà al tempo stesso disorientata e meravigliata. Sentimenti sottolineati proprio dall’andamento sfrenato del film, il quale non ricostruisce così solo il contesto metropolitano, ma trasmette anche e soprattutto il modo con cui la donna lo percepisce, ovvero come un luogo contemporaneamente caotico e bellissimo, disordinato e vitale, pericoloso e irresistibile. Risulta quindi evidente che le soluzioni formali dell’autore assumano qui funzioni al tempo stesso descrittive, psicologiche e semantiche: ritraggono un mondo, trasmettono il modo con cui questo viene sentito e contrappongono la frenesia della città (e forse del Novecento) alla tranquillità della campagna, universo ripreso all’inizio e che sembra ormai provenire da epoche recentemente passate (quelle della pittura impressionista e dei racconti di Maupassant, che il regista omaggerà in modo disteso, lirico e poetico nel secondo episodio de Il piacere). Ed è proprio l’uso al tempo stesso stratificato e coinvolgente, complesso e spettacolare dei diversi dispositivi filmici a rendere Divine e, soprattutto, il cinema di Max Ophüls un’opera grande e, a tratti, persino indimenticabile.
Divine [id., Francia 1935] REGIA Max Ophüls.
CAST Simone Berriau, Georges Rigaud, Gina Manès, Philippe Hériat, Paul Azaïs.
SCENEGGIATURA Colette (tratta dal suo romanzo L’Envers du music-hall). FOTOGRAFIA Roger Hubert. MONTAGGIO Léonide Moguy.
Commedia/Drammatico, durata 74 minuti.