Manifesto del robo-Futurismo
L’incipit di Transformers – L’ultimo cavaliere ha il sapore del manifesto: alla corte di Re Artù, mago Merlino offre la sua decisiva mano all’esercito per sconfiggere i Sassoni. Lo fa affidandosi a quella che è da sempre stata la sua arma segreta: non la magia, ma antichissimi robot alieni nascosti sulla Terra.
Si riscrive dunque a proprio piacimento una leggenda vecchia di quasi mille anni, come successivamente si tirerà in ballo il ruolo fondamentale che avrebbe avuto l’autobot Bumblebee per sconfiggere i nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale. Il regista Michael Bay ha le idee piuttosto chiare, e ce lo ripete da dieci anni: lui può tutto. Può cancellare la Storia (quella con la “S” maiuscola ma anche quella della sua saga: non è necessario conoscere le puntate precedenti per approcciarsi ai sequel), può sbarazzarsi delle unità di spazio e di tempo (che c’è ma è un’appendice, l’idea di una distruzione “fra due giorni” non ha alcuna connessione con ciò che succede sullo schermo), può far uscire di scena personaggi che sembravano fondamentali (l’adolescente Izabella) e all’opposto ripescare comprimari del tutto superflui (come John Turturro a Cuba). Può, in buona sostanza, rendere inutili e sorpassate tutte le analisi che tirano in ballo la credibilità, l’estetica, la coerenza narrativa. Bay, coscientemente e spavaldamente, se ne sbarazza: non esiste senso del ridicolo che non possa essere superato, non esiste contraddizione che non possa essere ignorata, non ci sono regole filmiche che debbano in qualche modo essere rispettate. Transfomers non ha bisogno di recensori, addetti ai lavori e critici che ne parlino, perché ha forgiato un nuovo pubblico di riferimento che non confronta i capitoli del franchise con il resto della storia della Settima Arte ma solo con se stesso (meglio il primo film del secondo, meglio la vecchia trilogia della nuova). È uno scacco matto: per quanto si possa argomentare su poderosi problemi di ritmo e su cali di tensione, sui maldestri inserti comici (polarizzati sull’automa-maggiordomo Cogman) per conquistare una nuova fetta di spettatori giovani, sull’imitazione sfacciata di altri film (elementi presi da RoboCop, Star Wars e Wall-E sono sparsi lungo tutta la pellicola), Transfomers – L’ultimo cavaliere vince e stravince perché supera di slancio il cinema, che diventa semplicemente “mezzo” attraverso cui rendersi fruibile. Non è un caso che spesso Transfomers venga paragonato al Futurismo, movimento basato sul dinamismo, sulla modernità e sulla tecnica. Ma anche – ed è l’aspetto più inquietante, partendo dal presupposto che tutto nasce da una linea di “innocui” giocattoli – sull’esaltazione della guerra come “igiene del mondo” e sul progresso che abbandona l’uomo per esaltare la macchina.
Transformers – L’ultimo cavaliere [Transformers: The Last Knight, USA 2017] REGIA Michael Bay.
CAST Mark Wahlberg, Anthony Hopkins, Laura Haddock, Stanley Tucci.
SCENEGGIATURA Art Marcum, Matt Holloway, Ken Nolan. FOTOGRAFIA Jonathan Sela. MUSICHE Steve Jablonsky.
Avventura/Azione/Fantascienza, durata 148 minuti.