Fermate il mondo… voglio scendere!
Credo che ciascuno conosca la sensazione di volersi fermare, di voler uscire dalla catena di eventi che lo trascina, di non voler dar conto a nessuno almeno per un po’, di non voler più dimostrare, spiegare, mediare, di voler essere fuori dal giudizio, dal paragone, di non voler essere misurato col metro del successo.
Abbiamo conosciuto Tsuda, uno scrittore, nel primo volume di La mia vita in barca, di Tadao Tsuge. Ora è invecchiato, la sua famiglia ha un discreto successo con un negozio di abiti alla moda, ma non sa essere d’aiuto. Ora avrebbe il tempo che serve per scrivere in tutta tranquillità, per rispolverare vecchi progetti e dar fondo a tutte le riserve poetiche che solo col peso degli anni sanno vestirsi di quell’amarezza oggettiva che qualcuno chiama saggezza. E invece non lo fa, si trascina nel negozio, sparisce per giorni interi, non dà sue notizie, ignora nuove offerte di lavoro: il fiume Toma sembra ora l’unica cosa a tenerlo in vita, coi suoi flutti, i suoi segreti, la sua bellezza che di anno in anno si sgretola per l’inquinamento e l’incuria. Ma perché? Perché Tsuda prova perennemente quella sensazione, che tutti conosciamo, e non ha più l’età per combatterla, ma ha il realismo per assecondarla. Le illusioni sono cadute e la pesca al fiume col suo bilancio “secchio pieno-secchio vuoto” induce a bilanci ben più sostanziali. Tsuda non è solo, con lui ci sono i vecchi e fidati amici di pesca, un giovane alla ricerca di pietre che sembrano sculture, un vecchio ubriacone dal gran cuore, un monaco col passato da re dei pescatori. Il tempio diventa il loro rifugio, qui, assieme a numerosi bicchieri di sakè, assaporano vecchi ricordi, vanno alla ricerca di soluzioni per un mondo che non capiscono e lanciano nuove sfide a loro stessi. Su tutto aleggia la figura mitologica di una cruciana da sessanta centimetri, che vivrebbe nel fiume, ferita ma mai vinta da nessun pescatore. Per Tsuda la cruciana diventa quasi un’ossessione e quasi l’unica forza che tiene in piedi la sua vita, tanto che quando perde le speranze di trovarla e catturarla si lascia andare, si ammala, non accetta cure e solo la tenacia di sua moglie riuscirà a rinsavirlo. Ma, toccato il fondo, ciò che viene dopo ha tutto un altro colore: Tsuda dal punto di vista privilegiato (anche l’angolo lontano e solitario in cui decide di pescare ogni giorno lo è) di chi non ha nulla da perdere rivaluta la sua vita e ne accetta i limiti, riscopre la serenità dell’amicizia, la forza della famiglia e anche se “tutto è vanità” e anche se i suoi amici, nell’ultima pagina, assieme al Qoelet si chiedono “quale utilità ricava l’uomo da tutto l’affanno per cui fatica sotto il sole?”, Tsuda ha ora nuove fondamenta su cui far forza e riprendere a sperare. Un nuovo capolavoro del Gekiga è sugli scaffali.
La mia vita in barca, Vol. 2 – Alla deriva [Giappone 1997-2001] AUTORE Tadao Tsuge.
TESTO Tadao Tsuge. DISEGNI Tadao Tsuge. TRADUZIONE Vincenzo Filosa. EDITORE Coconino Press, Fandango.
Graphic novel, 301 pagine.