Il trucco delle corde
Inizia come un noir anni ’40 Una doppia verità, anzi precisamente come un hard boiled: la voce off introduce i pensieri di Richard Ramsey, avvocato solitario che si ritrova per le mani un caso apparentemente senza speranza. Apparentemente, appunto, perché l’ammissione di colpa del 17enne Mike – che confessa di aver ucciso il padre in un impeto di rabbia – nasconde ovviamente una complessità da sviscerare in tribunale, mentre sullo sfondo la dark lady di turno osserva e tira sorniona le fila.
Da questo punto di vista, le atonie inscalfibili di Keanu Reeves (che meriterebbe una riflessione a parte, per il suo strenuo tentativo di rinascita artistica post-Matrix) e di Renée Zellweger risultano perfettamente funzionali al plot: l’occhio spento e lo sguardo di cemento di Reeves sembrano raccontare un mondo sommerso, mentre la (tra)sfigurata Zellweger porge a chi guarda le sue solite smorfie nervose (le stesse riscontrabili in qualunque sua immagine anche extra-filmica). Poi, il film di Courtney Hunt – che abbiamo atteso al varco per 8 anni, dopo l’esordio Frozen River – rientra nei ranghi del thriller legale e procedurale, quasi tutto ambientato fra le quattro mura dell’aula giudiziaria in cui si consuma un anomalo “caso di coscienza” che riserverà più di un colpo di scena. Perché la verità è “doppia”, o meglio (come dice il più fedele titolo originale, The Whole Truth) è molteplice, è un puzzle complesso che deve essere osservato nel suo insieme per assumere senso compiuto. Agli spettatori tocca il medesimo compito della giuria, quello del giudizio sul ragazzo reo confesso, ma con un privilegio in più: i flashback ci rendono onniscenti, scandagliando i vizi privati delle varie pedine in gioco e fornendo una serie di freddi e a tratti criptici depistaggi. Il gioco a cui veniamo sottoposti coincide con la strategia difensiva abbozzata dall’avvocato Ramsey/Reeves: è il “trucco delle corde”, una tattica di sfinimento che rimanda alla mitologica Rumble in the Jungle, quando Mohammed Alì le prese di santa ragione da George Foreman per sette round per poi ribaltare l’incontro nell’ottavo. Così, quando arriva l’atteso e preannunciato colpo di scena, quasi fatichiamo ad accettare che in prossimità dei titoli di coda si annidi un’altra e meno efficace sorpresa, che pare essere stata volontà dei produttori più che degli autori Hunt e Kazan. Occorre tuttavia arrendersi ad un’evidenza: per ragioni quasi insondabili Una doppia verità (opera minima che in fin dei conti segue ed emula decine di legal drama antecedenti) funziona e affascina, forse anche in virtù di una distribuzione estiva indovinata che lo pone in aperto contrasto alla tonitruanza programmatica dei Pirati dei Caraibi, di Wonder Woman e della Mummia (di) Tom Cruise, che imperversano nelle sale adiacenti.
Una doppia verità [The Whole Truth, USA 2016] REGIA Courtney Hunt.
CAST Keanu Reeves, Renée Zellweger, Jim Belushi, Gugu Mbatha-Raw.
SCENEGGIATURA Nicholas Kazan. FOTOGRAFIA Jules O’Loughlin. MUSICHE Evgueni Galperine, Sacha Galperine.
Thriller/Drammatico, durata 93 minuti.