La materia dell’arte
Materia dei sogni, materia degli incubi, materia del proprio vissuto e materia semplice e malleabile. David Lynch: The Art Life non è una biografia del grande regista del Missouri, almeno non del tutto: è un documento ibrido che mescola diversi piani della sua arte. Il racconto dell’infanzia e di una adolescenza non così lontana da un qualsiasi ragazzo della sua età, una famiglia benestante come tante altre sparse negli Stati Uniti, e le ribellioni che ogni giovane prova, magari accentuate da un estro oscuro e misterioso che gli faceva vedere le cose da un punto di vista anomalo.
Un’innocenza che Lynch sembra quasi aver mantenuto inalterata in tutta la sua vita, che gli ha dato la possibilità di vedere il mondo da un lato legato alla superficialità dell’apparenza ma dall’altro attraversato da inquietudini sotterranee di una realtà a tratti onirica e violenta, che rappresenta il doppio oscuro di quell’esistenza felice. Il subconscio è inquietante, semplice, a tratti assurdo e surreale, fatto apparentemente di mostri che altro non sono se non la ridefinizione organica e oscura di tutto ciò che ci circonda. Di cinema si parla poco, se non di come abbia portato Lynch a considerarlo forma espressiva per la propria arte, con la possibilità di realizzare quadri in movimento, con tutte le infinite possibilità e varianti narrative unite ai limiti che una semplice immagine può dare. Opere che hanno solitamente un contesto, apparentemente confuso, certo, ma pur sempre di un mondo esistente. Figure che mescolano l’organico con il sogno, la scomposizione corporea con l’aspazialità di ambienti opprimenti, e soprattutto l’inesauribile necessità di lavorare ininterrottamente la materia. Che siano le viscere di un pesce, la mano immersa nel colore a tempera e spalmato sulla tela, fili di ferro intrecciati in corsivo, soldatini in plastica o semplice ovatta unita dalla colla. Tutto è materia sensibile come poteva essere per Bacon, ma questa materia così fisica dà sostanza a quel mondo interiore e oscuro fatto di sogni che possono essere incubi, ma rimangono principalmente sogni inconsci del reale. Frasi semplici e stupide, intrise di un’inspiegabile ironia, che parlano dell’oscurità che noi stessi riusciamo a scandagliare solo a tratti quando ci osserviamo. David Lynch: The Art Life riesce in questo intento: non spiega l’arte di Lynch ma lascia che sia essa a mostrarsi attraverso i racconti del suo protagonista e le sue azioni sulla materia. Il suo punto è proprio nel non darsi un punto di arrivo: inizia come finisce, in medias res sostanzialmente, seguendo solo vagamente una cronologia degli eventi legati alla vita di Lynch, ma le sue opere si affastellano una sull’altra, come le suggestioni oniriche che esse scuotono, lasciando intuire che è proprio questa la natura di una vita d’arte.
David Lynch: The Art Life [id., USA 2016] REGIA Jon Nguyen, Rick Barnes, Olivia Neergaard-Holm.
SOGGETTO Jon Nguyen, Rick Barnes, Olivia Neergaard-Holm. FOTOGRAFIA Jason Scheunemann. MUSICHE Jonatan Bengta.
Documentario, durata 88 minuti.