SPECIALE LETTERATURA ‘800
Il centro del mondo
Che il rapporto di Jean-Luc Godard con la letteratura e l’arte tutta vada ben oltre la semplice idea di trasposizione, rivitalizzandosi piuttosto dell’incessante rielaborazione di testi e materiali di partenza (o di ritorno!), è una ricerca pluridecennale ormai a confermarcelo con ostinazione. In questo dialogo ineludibile con le forme e la loro ricezione nel tempo, quasi fondato su un atteggiamento che alla storiografia incrocia la sociologia, e poi mette in discussione entrambe per interrogare un’epoca o, meglio ancora, lo stesso futuro, il nostro percorso di interpretazioni e letture del suo cinema non può dirsi davvero del tutto esaurito.
Nel 1966, al suo undicesimo film in circa sei anni, Godard recuperava incrociandoli due racconti di Guy de Maupassant: il primo, La Femme de Paul (1881), istantanea di coppia e provocatoria riflessione sui generi, raccontava la scoperta da parte di un giovane della libertà di orientamento sessuale della ragazza amata; il secondo, Le Signe (1886), aveva già ispirato il noto cortometraggio del 1955 Una femme coquette e, per certi aspetti, sarebbe stato ripreso da alcuni episodi del successivo Due o tre cose che so di lei. Parlare di adattamento appare ridicolo, perché Il maschio e la femmina (in originale Masculin, féminin, titolo molto meno sessualizzato, anche se il sesso fu uno dei temi di lancio del film), è l’esercizio di stile di un autore ormai maturo e capace di calare una riflessione sul proprio tempo entro il flusso non-lineare di una dichiarata struttura a episodi. Quindici in tutto. Riflessione di fondo: la gioventù di metà anni Sessanta. La trama – l’incontro tra Paul e la coetanea Madeleine, del tutto diversa da lui – si frantuma in scarti irregolari, scanditi da didascalie a tutto schermo, stacchi a nero, e un continuo sovrapporsi di finzione e realtà (celebri le interviste improvvisate agli attori, ora in qualità di personaggi, ora in prima persona). Da Maupassant Godard prende paradossalmente il romanticismo fuori tempo massimo di Paul, e la necessità di scontrarsi con una società in netta trasformazione, figlia di Marx – il maschile – e della femminile Coca Cola, finendo, non importa come, per precipitare e soccombere. Per il resto la sceneggiatura non esiste, resta la cinica messa a nudo delle banalità alienanti e talvolta violente del quotidiano, l’incapacità di fondare il racconto sulla centralità del personaggio (Paul come deviazione dell’Antoine Doinel di Truffaut), la profezia di una gioventù divisa, di lì a poco, tra gli orrori della Storia e i miti del consumismo di matrice statunitense. Due o tre momenti entrati a pieno diritto nell’antologia del cinema (ancora una splendida sequenza ambientata in un cinema), e almeno un dialogo che resterà, quello in cui Paul e Madeleine si domandano quale sia il centro del mondo. Lui risponde: l’amore. Lei risponde: io.
Il maschio e la femmina [Masculin, féminin, Francia/Svezia 1966] REGIA Jean-Luc Godard.
CAST Jean-Pierre Léaud, Chantal Goya, Marlène Jobert, Michel Debord.
SCENEGGIATURA Jean-Luc Godard (tratta dai racconti La Femme de Paul e Le Signe di Guy de Maupassant). FOTOGRAFIA Willy Kurant. MUSICHE Jean-Jacques Debout.
Drammatico, durata 104 minuti.