SPECIALE LETTERATURA ‘800
L’ambiguità oltre al femminismo
Tratto dal romanzo di Nikolaj Leskov Lady Macbeth nel distretto di Mcensk, Lady Macbeth dell’esordiente William Oldroyd è un film ambientato nell’Inghilterra dell’Ottocento e vede come protagonista Katherine, una giovane donna che si sposa con un ricco proprietario terriero ed entra così a far parte di una famiglia che cerca d’imporle una vita austera tutta incentrata sul fare figli e badare alla tenuta. La protagonista, però, s’innamorerà di uno stalliere e si ribellerà alle regole impartitele.
Risulta evidente fin da tale soggetto che l’opera in questione sia incentrata sulla battaglia di una ragazza per la propria libertà e contro una certa concezione femminile dell’epoca, che non solo vedeva la donna subalterna all’uomo, ma che la pensava addirittura come un oggetto da comprare e di cui disporre per desideri ed esigenze di varia natura. Una lotta, quella intrapresa dalla protagonista, che viene sottolineata anche da una serie di contrapposizioni ambientali e situazionali, come quelle tra le mura in cui i familiari intendono recluderla e gli spazi aperti nei quali lei si rifugia appena può, tra la (parziale) astinenza sessuale del marito e la focosa attività erotica tra Katherine e il suo amante. Ma nonostante tali premesse, non ci troviamo di fronte a un’opera militante e “femminista”, tutta dalla parte della sua “eroina moderna”, bensì a un lavoro piuttosto ambiguo e distaccato, che getta uno sguardo critico e glaciale anche verso la sua protagonista, come emerge dalla messa in scena e dalla stessa psicologia di Katherine. Quest’ultima non è infatti solo una vittima delle circostanze, ma è anche una ragazza pronta a tutto per raggiungere i propri scopi, tanto da risultare spesso spietata e manipolatrice, come la Macbeth shakespeariana (riferimento già suggerito dal titolo) o una (fredda) dark lady ante litteram. Caratteristiche che vengono evidenziate dalla recitazione sotto le righe di Florence Pugh e dalla regia di Oldroyd, che con le sue inquadrature fisse e la scelta di non utilizzare quasi mai la musica extradiegetica trasmette al lavoro un’atmosfera austera, capace di tenere il pubblico emotivamente e criticamente distante dagli avvenimenti narrati. Scelte formali che sono al tempo stesso il punto di forza e il punto di debolezza dell’opera: se da un lato la resa figurativa è molto buona grazie all’attenzione per le inquadrature e l’ambiguità di fondo rende il film piuttosto interessante e intrigante, dall’altro si fa a tratti fatica a capire il senso ultimo dell’operazione, rischiando di uscire perplessi o indifferenti dalla sala cinematografica. Rischi che Oldroyd non riesce a evitare completamente, ma che per fortuna non minano eccessivamente l’esito di quello che comunque è un esordio sicuramente notevole.
Lady Macbeth [id., Gran Bretagna 2016] REGIA William Oldroyd.
CAST Florence Pugh, Cosmo Jarvis, Paul Hilton, Naomi Ackie, Christopher Fairbank.
SCENEGGIATURA Alice Birch (tratta dal romanzo Lady Macbeth nel distretto di Mcensk di Nikolaj Leskov). FOTOGRAFIA Ari Wegner. MONTAGGIO Nick Emerson.
Drammatico, durata 89 minuti.