Teorie teatrali e tv
Quattro puntate in prima serata su Rai 2 hanno permesso a Virginia Raffaele di sbizzarrirsi nel ventaglio di personaggi e imitazioni più completo che ha nel bagaglio. Facciamo che io ero ha fatto in modo che la sua ideatrice e protagonista assoluta potesse spaziare tra toni diversi, tra sketch comici e siparietti da cabaret, tra riflessioni personali e retoriche chiamate alla pietà.
Tra un Dirty Dancing con Bolle e un balletto da Kessler accanto a Carla Fracci, Virginia Raffaele si è senz’altro concessa l’opportunità di dominare la scena in tutte le versioni possibili: come persona, come personaggio pubblico e come macchietta da imitazione. Molti i personaggi già conosciuti ai più (da Belen a Sandra Milo) ma sono state numerose anche le piacevoli sorprese (dalle gemelle Kessler all’attrice intellettuale Saveria Foschi Volante). Raffaele gioca con il suo corpo, scherzando su una pretenziosa inconsapevolezza della sua avvenenza, spingendo al limite (e oltre) i personaggi imitati, come a dar vita ai loro pensieri più nascosti. Se una delle grandi regole dei comici è che le loro esibizioni dovrebbero finire sempre “troppo presto” lasciando al pubblico l’acquolina in bocca per averne ancora, in questo senso l’operazione non è molto riuscita, in quanto quattro appuntamenti sono stati sufficienti a saziare la fame del pubblico di vedere questo suo stile imitativo. A far da cavaliere alla prima donna c’è Fabio De Luigi: sempre corretto a lasciare spazi e dettare ritmi, che quasi mai hanno retto la fruizione televisiva. Si è infatti risentito molto del montaggio a posteriori e dei ritmi da registrazione che sono comunque filtrati anche nel risultato finale. Oltre alla mancata illusione della diretta (mai ricercata, in virtù di onestà) alcuni dettagli hanno appesantito ulteriormente le performance, come per esempio il tentativo in quasi tutti i casi di identificarsi con il personaggio a partire dal trucco, lasciando che ceroni e trucchi verosimilmente durati ore coprissero il volto di Virginia inficiandone l’espressività. Questo processo che è piuttosto nella norma per le imitazioni televisive, stride un po’ con quella ricerca di divertimento e gioco infantile, tanto propugnata nel corso delle puntate. Dai lunghi monologhi al limite del buonismo ai racconti d’infanzia piuttosto autocompiaciuti, Facciamo che io ero oltre ad essere il titolo del programma, si ricollega istantaneamente alla teoria teatrale di Orazio Costa, continuamente ostentata e perseguita da Raffaele, ma mai realmente citata o proposta in maniera organica, mancando del tutto un minimo dato didattico che poteva dare un quid in più al programma. Un po’ di teatro in tv bene venga, sempre e comunque. Basta trovare un equilibrio che possa conciliare le dimensione fisica con quella virtuale.
Facciamo che io ero [Italia 2017] IDEATORE Virginia Raffaele, Giovanni Todescan.
CON Virginia Raffaele, Fabio De Luigi.
REGIA Piergiorgio Camilli. RETE Rai2.
Comico/Varietà, durata 110 minuti (puntata).