SPECIALE TELEFILM ANNI ’90
Ci vuole un fisico bestiale
Poche battute tra colleghi, poi inizia il turno. Poco dopo aver preso posto nella torretta si sente un urlo, c’è l’avvistamento, la corsa sulla spiaggia e infine il tuffo verso il salvataggio, quando l’acqua ancora non supera le ginocchia.
Questa è la struttura più o meno fissa con cui si aprono le puntate di Baywatch, e il resto è storia. La staticità degli episodi si coniuga con la monumentalità dei protagonisti della serie, messa in onda e sviluppata in un periodo in cui, senza dubbio, si dava più importanza alla creazione di idoli che alla cura della narrazione orizzontale. Così, ogni giorno si mette in scena un racconto dall’altissimo tasso adrenalinico, in cui la suspense trascina gli spettatori in una corsa a perdifiato verso il cliffhanger finale, quasi sempre risolto nei minuti conclusivi. Perché alla fine Baywatch rincorre la tensione e la preoccupazione del pubblico, ma finisce sempre con il tranquillizzarlo, sia con camei di praticamente chiunque abbia abitato gli schermi statunitensi in quegli anni, sia con una retorica finto realista fatta di sospiri e petti danzanti sul lungomare. La fisicità dei suoi attori protagonisti ha da sempre segnato la serie in modo indelebile. Con Pamela Anderson e David Hasselhoff a farla da padroni, la California balneare è entrata di prepotenza nell’immaginario collettivo nostrano, e con essa un po’ tutto il mondo degli ideali a stelle e strisce. Corpi statuari e modellati, scolpiti con esercizio fisico e bisturi, sono penetrati nella cultura italiana, facendo sognare spiagge e oceano (tentando forse persino di insegnarci quanto sia affascinante e al contempo pericoloso). Baywatch si è contraddistinta anche per un uso esagerato di toni melodrammatici, talvolta fuori luogo rispetto alle vicende, soprattutto quando si indaga e si sviluppano in modo tridimensionale le relazioni interne alla squadra di guardaspiaggia (di questi drammi ben poco è arrivato nella nuova versione targata Seth Gordon). Un ruolo di spicco nella storia della serialità televisiva Baywatch se lo merita tutto, più per le immagini proposte e la loro forza pop che per la sua ricerca narrativa o idealistica. Il successo è infatti dovuto in gran parte alla sua superficialità: la superficie, per non dire l’estetica, di personaggi e avventure è la vera protagonista dello show, il quale ha saputo renderle omaggio con l’utilizzo strumentale e plastico dei corpi degli attori. Nel corso degli anni, gli interpreti si sono succeduti restando sempre fedeli a questo ideale, passandosi il testimone di una bellezza senza tempo eppure profondamente legata a un hic et nunc universale. I costumi scosciati all’inverosimile e le corse sul lungomare per allenarsi al tramonto ci riportano in un luogo in cui il tempo si è fermato e che gli spettatori, per quanto ci provino, non potranno mai raggiungere.
Baywatch [id., USA 1989-2001] IDEATORI Michael Berk, Gregory J. Bonann, Douglas Schwartz.
CAST David Hasselhoff, Jeremy Jackson, Michael Newman, Pamela Anderson, Yasmine Beth, David Charvet, Kelly Packard, Brooke Burns.
Azione/Drammatico, durata 60 minuti (puntata), 11 stagioni.