Non troppo buona la seconda
Una delle regole di ogni ristorante è che tutto ciò che c’è nel piatto deve essere commestibile, non può essere ornamento non edibile. Dovrebbe valere anche con i film: ogni scena di un’opera, ogni elemento visivo o traccia narrativa dovrebbe avere un suo senso e valore. Non è così purtroppo per Sicilian Ghost Story, opera seconda di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, dopo il bel Salvo.
Il film racconta la storia d’amore di due adolescenti che s’interrompe quando lui sparisce: avvolta dall’omertà del paese siciliano in cui vive, lei comincia a cercarlo. Ma per scoprire la verità dovrà addentrarsi al di là di ciò che gli esseri umani conoscono. Scritto dai registi partendo da un racconto di Marco Mancassola, Sicilian Ghost Story è un thriller onirico confinante con il fantasy e l’horror in cui si cercano di mescolare tre linee e di amalgamare tre strati differenti; peccato che ai registi interessi solo uno di questi strati. Ovvero quello della fiaba mitica, del rapporto ancestrale col territorio, della valenza onirica della natura: Piazza e Grassadonia costruiscono con Luca Bigazzi alla fotografia, Soap&Skin e Anton Spielmann alla musica e Guillaume Sciamà al suono una tessitura affascinante, sospesa, intensa con cui mettere in scena la porta tra mondi e realtà differenti e soggiacenti. Ma a questa dimensione i registi cercano di aggiungerne altre due, più terrene e dirette: il melodramma adolescenziale e il film di mafia. Il film però dà l’impressione che agli autori di queste non interessi poi troppo e lo si evince dalla costruzione macchinosa e poco originale dell’intreccio, dalle scelte estetiche discutibili di uno stile spesso sovraccarico, dai personaggi i cui percorsi non funzionano, dagli attori che non convincono mai, quelli giovani in particolare. Per dare consistenza filmica a un esercizio visivo di stampo quasi sperimentale, Piazza e Grassadonia si sentono in dovere di costruire un film che racconti una storia e trasmetta temi importanti: ma Sicilian Ghost Story è un’opera a cui manca sincerità, genuinità ed empatia, come dimostrano le scelte musicali che fa la protagonista, alternative, indipendenti, ricercate. Insomma più che la musica di un’adolescente ribelle quella che piace ai registi: ma nel rispecchiare esclusivamente gli interessi (e i disinteressi) dei suoi autori Sicilian Ghost Story cade.
Sicilian Ghost Story [Italia 2017] REGIA Antonio Piazza, Fabio Grassadonia.
CAST Julia Jedlikowska, Gaetano Fernandez, Corinne Musallari, Vincenzo Amato, Sabine Timoteo.
SCENEGGIATURA Antonio Piazza, Fabio Grassadonia (ispirata al racconto Un cavaliere bianco di Marco Mancassola). FOTOGRAFIA Luca Bigazzi. MUSICHE Soap&Skin, Anton Spielmann.
Fantastico/Thriller, durata 120 minuti.