Il pianeta delle scimmie
Tra gli squilli di tromba istituzionali (il Grande Slam sanremese: vincitore della categoria “Nuove Proposte” nel 2016 con Amen e della categoria “Big” con Occidentali’s Karma nel 2017) e le ospitate da sovraesposizione mediatica alle Iene/da Fazio/un po’ ovunque; tra l’aura da fenomeno che lo accompagna da mesi e gli strali di chi poco lo sopporta (c’è anche chi si spinge ad un’interpretazione massonica: pare che nella copertina dell’album Magellano si annidino simbologie e riferimenti agli Illuminati); tra le granite e le granate del suo wannabe-tormentone estivo… Francesco Gabbani arriva all’Eurovision 2017 come ultra-favorito.
Più de Il Volo, terzo due anni fa nonostante l’allure lirica alla Al Bano, Francesco da Carrara sembra non avere rivali, e per tastare il polso dell’hype basta dare un occhio alle agenzie di scommesse: la sua vittoria è data a 1.55 (!!!), a fronte della quotazione a 7 del portoghese Salvador Sobral e di quella a 10 dello svedese Robin Bengtsson. Il pop di Gabbani – coadiuvato dal paroliere Fabio Ilacqua – ha fatto centro, forse persino oltre le sue aspettative. Eppure sarebbe stato strano il contrario: Occidentali’s Karma è un pezzo furbo e intelligente (due cose non sempre destinate ad andare a braccetto), che soddisfa la pancia e la testa mescolando un ritmo irresistibile ai riferimenti colti di Desmond Morris, Quasimodo e Marx; una canzone che armonizza culture e citazioni differenti, non si prende sul serio e “semplifica senza distorcere” (uno dei motti di Morris). A Sanremo – lo show più conservatore e nazional-popolare che conosciamo – il suo trionfo è stato quasi un sabotaggio dall’interno: un primate sul palco, un maglioncino arancione, un balletto e lo scardinamento di convenzioni scolpite nel marmo. Ma la platea dell’Eurovision, avvezza alle coreografie e ai brani orecchiabili (ovvero non impantanata nel carrozzone della città dei fiori), sembra guardare anche ad altro. Di sicuro, in primis, all’empatia del personaggio, che supera di slancio sia la spocchia autoriale – e di nuovo basterebbe citare Il Volo – che la timidezza (forse una qualità in Italia ma non all’estero, come dimostra il 16° posto di Francesca Michielin l’anno scorso). A 34 anni Gabbani non ha (più) alcuna paura; nemmeno di perdere, nemmeno di affermare che dopo l’Eurovision finalmente potrà mettere il gorilla in cantina. E nemmeno di conquistare per l’ennesima volta tutti, di rendere il mondo – della musica leggera, s’intende – un pianeta delle scimmie agli antipodi della banalità del testo zeppo di valori retorici (famiglia, sentimenti, rinascita). Comunque vada panta rei, sarà (di nuovo) un successo. E comunque vada, un dubbio: riuscirà Francesco Gabbani a mettere a frutto il suo innegabile talento, facendoci dimenticare – prima o poi – Occidentali’s Karma?