19° Far East Film Festival, 21 – 29 aprile 2017, Udine
L’essenziale è invisibile agli occhi
Un sentimento di disillusione nei confronti delle autorità serpeggia quest’anno in buona parte dei film della selezione proposta al Far East. In Corea non ci si fida delle forze dell’ordine, e tanto vale farsi giustizia da soli (Split, Fabricated City), mentre in Cina e Taiwan quasi si deride la figura del maestro/insegnante (Mr. Zhu’s Summer, Mon Mon Mon Monsters).
A Hong Kong invece si puntano i riflettori sui medici e sugli istituti di cura, che antepongono al bisogno di guarigione la necessità di liberare posti letto per alleggerire un sistema al collasso. Il nostro punto di vista in Mad World coincide inizialmente con quello di un padre – interpretato da Eric Tsang, Gelso d’Oro alla carriera – che si ritrova recapitato come un pacco postale il figlio più giovane Tung. Tung viene dimesso in fretta e furia da un istituto psichiatrico, dopo un ricovero per disturbo bipolare ed esaurimento nervoso. Comprendiamo le ragioni del genitore: suo figlio non sarebbe pronto per il reinserimento nella società, è una persona fragile e imprevedibile. Attraverso una fitta rete di sguardi, flashback (che visivamente si mescolano al piano della realtà e della contemporaneità, confondendo volutamente le idee di chi guarda) e mezze frasi appena sussurrate, il regista Wong Chun – che sembra un navigato cineasta, e invece è all’esordio nel lungometraggio – ci accompagna però da tutt’altra parte, verso l’immedesimazione con quel figlio indesiderato che ad un certo punto non ha più retto al peso della propria esistenza. Nella quotidianità di Tung, prima del tracollo, c’erano una compagna e una famiglia da costruire, un lavoro e una madre malata da accudire. Sono le sequenze con la genitrice ad aprire la voragine più ampia: come un crudele controcanto di A Simple Life e Poetry (aderenti alla prospettiva delle protagoniste, sinfonie sulla dignità della terza età), Mad World ci mostra senza fare sconto alcuno l’abuso psicologico perpetrato dall’anziana donna sul ragazzo, che scatena il collasso emotivo. Il gioco delle parti non prevede ovviamente vincitori e vinti, ma anzi con una delicatezza che non degenera mai in retorica commiserazione relativizza le colpe di ognuno dei caratteri in scena. “L’essenziale è invisibile agli occhi”, sancisce la didascalia finale del film, presa a prestito dal Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupery: per quanto l’opera di Wong Chun eviti accuratamente la critica sociale, massacra sottovoce sia il freddo e scientifico calcolo medico che l’ipocrita perbenismo dei vicini di casa. Loro giudicano, sentenziano, condannano; ma è solo col cuore – di una madre, di un padre, di un figlio – che si può vedere bene, accettare se stessi e il prossimo e non delegare più al resto del mondo la propria umanità e le proprie responsabilità.
Mad World [Yat Nim Mo Min, Hong Kong 2016] REGIA Wong Chun.
CAST Eric Tsang, Shawn Yue, Elaine Jin, Charmaine Fong.
SCENEGGIATURA Florence Chan. FOTOGRAFIA Zhang Ying. MUSICHE Yusuke Hatano.
Drammatico, durata 101 minuti.