L’autorialità che diventa conformismo
Oggi una parte importante del cinema d’autore europeo – in particolare quello dell’Est – si caratterizza per uno stile sobrio e spoglio, generalmente composto da una narrazione ricca di elissi e tempi morti, da immagini piatte che raffigurano esplicitamente miserie di varia natura e da una regia che alterna il pedinamento a macchina a mano dei personaggi a lunghi piani sequenza a camera fissa. Un tipo di estetica sempre più frequente, a volte adottata in modo giustificato (si pensi ai lavori di Cristian Mungiu), altre in maniera più compiaciuta (vedi The Tribe).
Opta per tale forma cinematografica anche Le donne e il desiderio, film polacco di Tomasz Wasilewski vincitore dell’Orso d’Argento per la sceneggiatura al 66° Festival di Berlino. L’opera racconta tre storie di donne sole e annoiate che vivono degli amori impossibili e non corrisposti: Agata è innamorata di un giovane prete; Iza non riesce ad accettare di essere stata lasciata dal proprio amante; Renata è sessualmente attratta dalla vicina di casa Marzena, giovane maestra di ginnastica e aspirante modella. Il tutto nella provincia anonima e decadente della Polonia postcomunista dei primi anni ‘90, contesto che l’autore lascia sullo sfondo ma che risulta comunque determinante per il senso del lavoro. Infatti, i piccoli riferimenti alla Storia disseminati durante il film rendono evidente quanto i desideri intimi e irrealizzati delle protagoniste siano anche la metafora di un Paese in lento transito dal sistema socialista a quello capitalista, un Paese nel quale si vive tra speranza e frustrazione, tra volontà di cambiamento e senso di confusione e smarrimento. Elementi che rendono l’opera piuttosto interessante, almeno nei temi e nei contenuti, ma il cui risultato complessivo viene in buona parte vanificato da un uso non sempre adeguato di quello stile spoglio e dimesso descritto all’inizio. Se da un lato la macchina a mano, i piani sequenza a camera fissa, la fotografia fredda e le immagini esplicite hanno la funzione drammatica e semantica di sottolineare il divario tra i desideri delle donne e l’ambiente squallido in cui vivono, dall’altro l’insistenza sui tempi morti e sull’esposizione di luoghi e corpi decadenti risulta spesso così marcata ed eccessiva da non essere sempre pienamente giustificata. E anche se non siamo dalle parti della gratuità di un The Tribe, Le donne e il desiderio è comunque un’opera che controlla poco il linguaggio adottato, con il risultato di essere un lavoro magari interessante nei contenuti ma abbastanza conformista nella forma, ricca di tutti i cliché tipici di quei film dalle pretese autoriali e “impegnate” ma che alla fine risultano semplicemente privi di vere idee registiche.
Le donne e il desiderio [Zjednoczone Stany Milosci, Polonia/Svezia 2016] REGIA Tomasz Wasilewski.
CAST Julia Kijowska, Magdalena Cielecka, Dorota Kolak, Marta Nieradkiewicz.
SCENEGGIATURA Tomasz Wasilewski. FOTOGRAFIA Oleg Mutu. MONTAGGIO Beata Walentowska.
Drammatico, durata 104 minuti.