SPECIALE JACK NICHOLSON
Un compagnone
Per parlare dell’istrionico Jack Nicholson si può partire dalla sua interpretazione in Qualcosa è cambiato, che gli valse il suo terzo Oscar: un essere umano fobico, acido, misogino e cattivo, che però si rende conto che la vita può riservare delle sorprese.
Sembra infatti che la pellicola di Brooks sia scritta su misura per il maturo Jack, protagonista del cinema hollywoodiano degli ultimi cinquant’anni, un cinema da cui non si è fatto mai lobotomizzare. Un attore che ha saputo cavalcare lo star system senza dimenticare di essere per prima cosa un comunicatore, di vizi e virtù dell’animo umano e dei controsensi delle epoche in cui ha vissuto. Etichettato, infatti, per molto tempo come il folle di Hollywood capace solo con gli occhi (e le sopracciglia) di sedurre o di spaventare lo spettatore, a partire dal film sopraccitato ha dimostrato che la “vecchiaia” ha saputo addolcirlo e avvicinarlo alla contemporaneità. Lui che dalla precarietà della vita ha imparato a smarcarsi impegnandosi anche politicamente per cambiare le radici del suo Paese. Se nei vari Batman, Wolf – La belva è fuori e Mars Attacks! la sua maschera giocava con la figura del folle e ribelle – come nel resto della sua filmografia anni ’90 – negli ultimi anni, e non per ragioni anagrafiche, i ruoli si sono fatti più contemplativi e “umani”, ad eccezione del Departed scorsesiano. Un ritorno al passato per Nicholson, che aveva saputo raccontare la confusione giovanile della New Hollywood con i loser insofferenti George di Easy Rider, Robert di Cinque pezzi facili e Jonathan di Conoscenza carnale, eroi delle battaglie comuni di un’epoca d’oro sia per il cinema che per la società. Uomini che meditavano sui loro fallimenti e che si rimettevano in gioco, senza per forza dover meditare a lungo. Impulsi vitali a cui Nicholson ci ha educato, sorprendendo a volte per la naturalezza delle sue interpretazioni, accademiche ma allo stesso tempo vere. Non siamo qua ad elencare tuttavia i tanti capolavori in cui ha recitato, capi d’opera imprescindibili forse anche solo per la sua presenza, ma ciò che ha rappresentato per tutti noi cinefili di ogni generazione. Un amico fragile che però sa farti paura con il suo sguardo, che nasconde qualcosa ma sa essere rivelatore, dal viso che muta solo con una semplice alzata di sopracciglio o con un ghigno terribilmente simbolico. Un compagnone con cui, siamo sicuri, si potrebbe passare una di quelle serate memorabili fatte di bocche secche dal tabacco e menti inebriate dall’alcool. Un fratello maggiore, non un nonno con tante storie da raccontare. Mai banale e per questo immortale. Auguri Jack!