La stanza chiara
Il colore della notte, il nero, la paura, l’insicurezza, l’irrazionalità e il mistero. Ciò che non è luminoso, brillante, chiaro e facilmente interpretabile è stato sempre un ostacolo.
Ma siamo stati abituati a questa paura, a questo ostacolo: i bambini hanno paura del buio perché i loro padri tengono sempre le luci accese, gli uomini hanno paura del buio perché i loro maestri hanno indicato loro una sola direzione, un solo modo di vivere, come una stanza in cui muoversi in cui tutto è chiaro e razionale, lontana dal buio, dal pericolo, dal mistero, dal diverso, dallo sconosciuto e questi uomini hanno imparato a prendere per buone solo le risposte facili, le soluzioni semplici. Gli uomini hanno paura del nero perché hanno il timore, e allo stesso tempo la sicurezza, di scoprire e svelare i limiti della propria razionalità, di scoprirsi e svelarsi fallibili, inesperti e in un certo senso ancora bambini. James Baldwin fu la voce degli uomini di colore dopo che le grandi voci di Martin Luther King, Malcolm X e Medgar Evers, con le loro parole forti come tuoni, furono azzittiti da orecchie che non volevano ascoltare. Ogni sua parola, riascoltata in I Am Not Your Negro è una profezia terribile perché vera, è una lacrima nuda, è un solvente ad ogni indelebile vernice del pregiudizio. Raoul Peck è un autore haitiano che fa dell’impegno politico la sua sostanza poetica, e con questo documentario si è caricato sulle spalle forse più voci di quanto mai abbia fatto nella sua carriera. Da Toronto quelle voci sono arrivate fino agli Oscar dove la nomination per miglior documentario le ha rese ancora più forti e coraggiose. Basterebbe questo per dire che I Am Not Your Negro è un’opera monumentale – ogni opera che riesce a parlare di minoranze ad un pubblico che rappresenta le maggioranze lo è – ma c’è altro. È monumentale non per il tono o per i mezzi utilizzati, quanto per l’ambizione di documentare il passato parlando spregiudicatamente dell’oggi, anzi, senza fare distinzioni, come se il tempo non fosse passato e la storia non esistesse. Parte da materiali d’epoca, interviste, giornali, ma anche molti film, costruendo quasi una breve storia del cinema sotto l’ottica del conflitto razziale. Ma soprattutto utilizza una sceneggiatura non finita dello stesso Baldwin in cui le parole sono colme delle sofferenze di un popolo, dell’astio di un’identità tradita. Il razzismo, dice Baldwin, è un concetto utile all’uomo bianco per difendersi da se stesso. Il razzista riconosce la propria inferiorità e allora inventa inferiorità ulteriori. Le immagini vecchie e nuove, di tragedie passate e recenti, di vittime di un’ignoranza senza storia né sviluppo sono come lampi in negativo, strappi di luce nera su un mondo bianco.
I Am Not Your Negro [id., USA 2016] REGIA Raoul Peck.
SOGGETTO James Baldwin, Raoul Peck. MONTAGGIO Alexandra Strauss. MUSICHE Alexei Aigui.
Documentario, durata 93 minuti.