18° Sottodiciotto Film Festival, 31 marzo – 7 aprile 2017, Torino
Non sono un paparazzo: il cinema di Walter Santesso
Conosciuto e ricordato quasi esclusivamente per il suo ruolo di Paparazzo nella Dolce vita di Federico Fellini, Walter Santesso può essere considerato una di quelle figure condannate dal loro lavoro più famoso ad una sorta di parziale damnatio memoriae; oltre ad avere interpretato numerose altre pellicole, Santesso è stato infatti anche regista.
Quattro film completamente dimenticati e dalla storia distributiva tormentata, come nel caso del suo esordio Eroe vagabondo distribuito a ferragosto del 1966, che inseriscono l’autore in quel sottobosco ancora bene da sfoltire che ricopre le zone dimenticate dalla storia del cinema italiano ufficiale. Importante è stato quindi l’omaggio dedicatogli dal Sottodiciotto Film Festival, cornice ideale perché le costanti del cinema di Santesso sono proprio l’attenzione all’infanzia e la tendenza al fiabesco, oltre alla specializzazione proprio in opere dedicate ai più piccoli. Si veda in particolare il suo secondo film, L’importanza di avere un cavallo (1968): un cavallo bianco di pura razza appare nei boschi intorno al paese scatenando la caccia degli abitanti, interessati ai soldi che potrebbero venirgli in tasca. A rovinare le uova nel paniere dei cittadini, un giovane disinteressato e “puro” che, trovato il cavallo, gli si affeziona vedendo in lui il primo vero amico della sua vita e resistendo il più possibile al mobbing messo in atto dai compaesani. L’importanza di avere un cavallo ha le atmosfere della fiaba classica con al centro il rapporto tra uomo e animale, e il punto di vista è quello dell’adolescente protagonista; il film è quindi “tenero” e poetico, ma presenta anche una durezza sincera nel mettere in scena la meschina malevolenza e le sottili cattiverie degli abitanti, risultando così estremamente amaro, quasi sconsolato e con una visione disincantata sulla modernità. Elemento comune a molto nostro cinema dell’epoca, ma che più che a Federico Fellini, riferimento quasi pavloviano dei commentatori d’epoca, lo avvicina al cinema di Ermanno Olmi e, anche se solo per qualche eco lontana (l’uso dei primi piani in certe sequenze e la rappresentazione di una sorta di sottoproletariato montano, per esempio), a quello di Pasolini. Più felliniano, e ancora vagamente pasoliniano, è il suo esordio Eroe vagabondo, non lontano da La strada, con il protagonista (interpretato dallo stesso Santesso) in un ruolo che ricorda quello di Gelsomina. Anche in questo caso protagonista è una figura assolutamente pura, ingenua e incapace di capire il cinismo del mondo; un bambino cresciuto solo fisicamente, possiamo dire, circondato da malandrini ed egoisti e da un paio di figure immacolate e inevitabilmente vittime. Anche in questo caso c’è una constatazione più amara e sconsolata che una denuncia rabbiosa, anche se non mancano divertenti momenti di ironia caricaturale; il tutto filtrato in un’atmosfera malinconicamente fiabesca e in un approccio che vede i più giovani come interlocutori principali, ma capace di suggerire qualcosa anche agli adulti. L’omaggio a Walter Santesso del Sottodiciotto Film Festival, che ha compreso anche La battaglia delle patate (1976), è stato quindi un atto importante per riscoprire un regista dimenticato dalla storia del nostro cinema.
Eroe vagabondo [Italia 1966] REGIA Walter Santesso.
CAST Walter Santesso, Antonio Prieto, Giulio Calì, Olga Solbelli.
SCENEGGIATURA Walter Santesso. FOTOGRAFIA Aldo De Robertis, Manuel Rojas. MUSICHE Francesco De Masi.
Drammatico, durata 103 minuti.
L’importanza di avere un cavallo [Italia 1968] REGIA Walter Santesso.
CAST Luciano Rigoni, Cristiano Benetti, Mario Stefani, Francesco De Masi.
SCENEGGIATURA Walter Santesso. FOTOGRAFIA Silvano Savio. MUSICHE Francesco De Masi.
Commedia/Drammatico, durata 42 minuti.