SPECIALE PAUL VERHOEVEN
Pelle di serpente
Showgirls non merita di essere giudicato con la severità che la critica ha dimostrato nei suoi confronti, al momento della sua uscita. Divenuto negli anni un successo in home video, può essere ormai considerato un film di culto, tra il camp e il guilty pleasure.
Oggi che, giustamente, tutti osannano Verhoeven per Elle, può sorprendere scoprire il grande apprezzamento per Showgirls espresso da cineasti raffinati come Luca Guadagnino, Jacques Rivette e Mia Hansen-Løve (che, come ricorda Adam Nayman nel suo libro It doesn’t suck – Showgirls, interamente dedicato al film, ha esplicitamente omaggiato Showgirls nella sceneggiatura del suo bellissimo Eden). Nel 2011 Showgirls, in cui non mancano l’umorismo e la satira sociopolitica tipici di Verhoeven, ha ricevuto addirittura l’onore di una parodia, Showgirls 2 – Pennies from Heaven di Rena Riffel. Olivier Père lo ha definito il film più europeo di Verhoeven, tra quelli girati negli Stati Uniti, per lo stile “grottesco” e “iperbolico”, che risulta più inquietante in un contesto non fantascientifico, e gli intenti di critica, lo smascheramento dell’illusione del sogno americano. Che Verhoeven sia un autore a tutti gli effetti, lo dimostrano i film che ha realizzato in Olanda, tra cui il fondamentale e scandaloso Spetters, che anticipa Showgirls nel ritratto di un personaggio femminile furbo, disinibito e determinato. Nel cinema del regista olandese, lo stile è sempre funzione del contenuto e non mero formalismo. Perciò, non bisogna aspettarsi di ritrovare in tutti i suoi film i movimenti di macchina spettacolari di cui è pieno Showgirls, nato come omaggio ai musical MGM: l’uso frequente della steadicam e la tridimensionalità dei travelling, nei pianisequenza che esplorano in profondità gli spazi di una Las Vegas mai così squallida, dove i corpi si fanno merce e sesso, soldi, violenza dominano incontrastati. In questo inferno boschiano di luci al neon, si aggira l’irascibile orfana (come la Tramell di Basic Instinct) Polly Ann, dal passato oscuro e traumatico, seducente con i suoi persecutori, analogamente a tante altre donne ambigue dei film di Verhoeven. Bambola sovreccitata e priva di spessore, che agisce per istinti primordiali come tutte le figure che la circondano, e, come molti dei protagonisti delle opere di Verhoeven, ha come unico scopo la sopravvivenza, a tutti i costi, con tutti i mezzi possibili. Una proletaria dell’arrapo, con l’avidità da piccolo-borghese e il cinismo della puttana. Una Alex Owens (anche Flashdance era scritto da Eszterhas) catapultata in un All About Evil lussurioso e saffico come un film di Russ Meyer, sboccato come una commedia di Eddie Murphy, volgare come un video di Madonna, crudele e colorato come uno Scarpette rosse macchiato di mestruo, sperma e ketchup.
Showgirls [id., USA 1995] REGIA Paul Verhoeven.
CAST Elizabeth Berkley, Kyle MacLachlan, Gina Gershon, Glenn Plummer.
SCENEGGIATURA Joe Eszterhas. FOTOGRAFIA Jost Vacano. MUSICHE Dave Stewart.
Drammatico, durata 122 minuti.