SPECIALE PAUL VERHOEVEN
Sesso?
L’esordio nel lungometraggio di Paul Verhoeven, Gli strani amori di quelle signore, è una scatenata commedia, che spesso flirta con la farsa, in cui il sesso riecheggia continuamente, nei dialoghi come nelle premesse che la trama offre, ma nella quale non si fa mai sesso.
Volendo fare un paragone con un film recente che c’entra poco, ma che può dare un’idea, il sesso qui è come la sigaretta in Thank You for Smoking: se ne parla in ogni secondo, ma nessuno ne accende mai una. Ne Gli strani amori di quelle signore i rapporti carnali o sono rappresentati quando già finiti e i protagonisti fumano la classica sigaretta post-coito chiacchierando, oppure sono sostituiti da recite in cui il godimento arriva o fingendo, per esempio, di essere uno scolaro biricchino dalle mani lunghe o un gallo che insegue due galline o la vittima di un mostro da film horror. Gli strani, ma mai davvero perversi, modi in cui i clienti della prostituta protagonista arrivano al godimento e alla soddisfazione, oltre ad essere le sequenze più divertenti del film, rappresentano la sua essenza. Verhoeven infatti ragiona in maniera beffarda sulla inevitabilità della finzione nella vita quotidiana; che il sesso non sia sesso vero e i modi per eccitarsi siano in fin dei conti delle recite in cui il medico serio e appuntato diventa uno scolaro monello o l’anziano qualunque diventa un volatile da cortile a cui le piume ricoprono le parti intime, e che quindi la prostituta protagonista sia più un’attrice che una professionista del sesso, sono gli elementi di maggiore evidenza in questo senso. È la pellicola tutta che però gioca sul contrasto tra realtà e aspirazioni – la voglia di un amore “normale” della prostituta protagonista e della sua amica/collega, per esempio – e della necessità di fingere qualcosa perché le aspirazioni non rimangano tali – il matrimonio dell’amica – e tra realtà e apparenza; quest’ultimo punto è espresso non tanto come satira sul perbenismo e sul conformismo, elemento che non è certamente assente ma non è primario, quanto piuttosto come semplice e un po’ nichilista constatazione di una condizione inevitabile; infatti anche i personaggi più negativi hanno momenti in cui emerge pietà, così come i più positivi hanno caratteristiche da poter bersagliare e mettere alla berlina. Verhoeven racconta questo disordine esistenziale con, come farà spesso in futuro, le armi dell’eccesso, della farsa e del disordine (in senso buono) stilistico, scenografico e narrativo, realizzando un film scatenato, estremamente divertente e in cui la coriacea, beffarda ma in fin dei conti sofferente protagonista è il punto da cui partono tutte le spinte centrifughe dell’opera, talvolta loro punto debole e più spesso loro punto di forza.
Gli strani amori di quelle signore [Wat zien ik!?, Olanda 1971] REGIA Paul Verhoeven.
CAST Ronny Bierman, Sylvia de Leur, Piet Romer, Jules Hamel, Bernhard Droog.
SCENAGGIATURA Albert Mol, Gerard Soeteman. FOTOGRAFIA Jan De Bont. MUSICHE Julius Steffaro.
Commedia, durata 90 minuti.