SPECIALE STUPEFACENTE
C’eravamo tanto odiati
Edimburgo, vent’anni dopo. Nello specifico, dopo la fuga di Mark Renton con le 16.000 sterline che avrebbe dovuto spartire con gli amici. T2 – Trainspotting riparte da qui, con le vite dei nostri anti-eroi alle prese con la mezza età. Spud annega nell’eroina, SickBoy gestisce il pub della zia, Begbie è sempre incazzato nero e Mark ritorna dalla vita di Amsterdam dopo aver messo la testa a posto.
Se le premesse non vi sembrano eccitanti è perché appunto non vogliono esserlo. Come il romanzo a cui si ispira, il riuscito Porno di Irvine Welsh, il sequel di Danny Boyle è un film sul compromesso. Quello tra il rifiuto dell’ipocrisia sociale e la sua inevitabile accettazione. Certo che T2 – Trainspotting non è spiazzante come il predecessore. Franco che prova a “redimere” il figlio che vuole studiare hotel management o Simon/SickBoy che progetta un bordello sono il colpo di coda di chi è già stato sconfitto. Come continua a ripetere Spud, “Prima c’è stata un’occasione. Poi c’è stato un tradimento.” Che non è tanto quello di Mark Renton, né, come qualcuno ha malignamente insinuato, quello del regista con la sua creatura. Semmai è quello di una società che ti lascia intravedere delle vie di fuga dove invece non ce ne sono affatto. Quegli stessi irriducibili outsider, pronti al ruolo di variabili impazzite, ora devono misurarsi con un sistema ben più folle di loro. Ci si salva solo mimetizzandosi e i soldi non vengono dallo spaccio ma da finanziamenti per progetti irrealizzati. Questo non significa che T2 – Trainspotting sia un film perfetto. Dispiace ad esempio vedere ridimensionato il ruolo di Nikki, la disinibita studentessa del libro, qui ragazza bulgara in difficoltà che si prostituisce solo per bisogno. E non c’è dubbio che l’ossessivo richiamo a Trainspotting, con tanto di inserti e colonna sonora, finisca spesso col farlo rimpiangere. Se la nostalgia è la grande protagonista, T2 – Trainspotting emoziona molto di più quando la rielabora in forme originali. Mark che riporta alla luce Spud da una busta-placenta piena di vomito è il geniale omaggio alla sua più famosa scena scatologica. Il duplice confronto tra Mark e Frank, separati dalle pareti di un cesso, è tanto esilarante la prima volta quanto drammatico la seconda, con Renton barricato nella sua prigione di specchi e Begbie fuori tra le macerie. Perché stilisticamente T2 – Trainspotting è un film tremendamente accurato: Danny Boyle miscela media e linguaggi con magistrale disinvoltura, destreggiandosi tra suggestioni nostalgiche e una grammatica contemporanea, divertite citazioni dal cinema d’autore e malinconica autoironia. Se Veronika incarna il neo-spettatore, desideroso di scoprire il passato, Spud è il vero alter ego del regista. Spud che ruba le firme degli altri e si appropria per prima di quella di Boyle. Come Spud, anche Boyle deve chiudere una storia. Quella di una generazione che, a distanza di vent’anni, può finalmente tirare un bilancio. Danny Boyle la fa guardare allo specchio.
Non ha mai detto che ci saremmo piaciuti.
T2 – Trainspotting [id., Gran Bretagna 2017] REGIA Danny Boyle.
CAST Ewan McGregor, Jonny Lee Miller, Ewen Bremner, Robert Carlyle, Kelly Macdonald.
SCENEGGIATURA John Hodege (tratta dal romanzo Porno di Irvine Welsh). FOTOGRAFIA Anthony Dod Mantle. MONTAGGIO Jon Harris.
Drammatico, durata 117 minuti.
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