SPECIALE STUPEFACENTE
Addò a ma scì a spànne le ròbbe
È un piccolo film, LaCapaGira, che non ha ambizioni altissime, che non punta ad analizzare chissà quale intricato sistema sociale. Questo è bene sottolinearlo immediatamente. È un film quindi che piuttosto si adagia sulla vita di provincia (nel senso più laterale del termine), bighellonando e scherzandoci su proprio come fanno i protagonisti delle vicende narrate, tutti miseri delinquenti di una Bari che più che un capoluogo con tutti i crismi tende ad autorappresentarsi alla maniera di un piccolo villaggio.
Ma non per questo non è un film serio. Le storie di Minuicchio e Pasquale (soci e amici alla disperata ricerca di un panetto di droga disperso), di Sabino e Pinuccio (gestori di una sala giochi che deve fare di tutto per celare la sua natura illegale), e di Nino Carrarmato (il “boss” di questa scalcinata ghenga) sono infatti la messa in scena chiara e lampante di un’esistenza che gira su se stessa, che provoca lo stesso vuoto che tanto teme. E a forza di roteare vorticosamente è normale che prima o poi la cape aggìre. Vengono allora in mente i “ragazzi di vita” di pasoliniana memoria, che qui è come se fossero intrappolati in corpi di adulti, ma si materializzano magicamente anche alcune scorrazzate da Nouvelle Vague truffautiana, con i personaggi che sembra vaghino a destra e a manca ma che in realtà hanno sempre una meta precisa (seppur chiara, nella maggior parte dei casi, solo nelle loro teste). LaCapaGira è però un film prezioso anche perché ci illustra perfettamente la veracità particolarmente sentita di un cinema italiano che, al volgere del millennio, ha coscienza di riflettere – attraverso un corpo a corpo con un regionalismo che non risulta comunque mai banale – sullo stato di decomposizione di un Paese che viene percepito da tutti essere in una fase di grande vacuità. È per esempio interessante notare come si osservino alcuni oggetti – il telefono cellulare in primis, ma anche i videopoker – con la curiosità di chi ha capito che entreranno di lì a breve a far parte del dibattito socioculturale che coinvolgerà (e in certe situazioni stravolgerà) tutta una nazione. Alla fine però è necessario ammettere, seppur a malincuore, che questo è un film che ha pure qualche difetto: forse troppo dimesso in alcune scelte narrative, forse un po’ imbolsito dal tempo che è passato e che ha fatto scorrere tonnellate e tonnellate di postmodernismi sotto il ponte del cinema internazionale (che in questo caso non sono notevolmente presenti, ma è come se ne sentissimo l’acre odore), con precisione è difficile saperlo. Quello che però è molto facile da constatare è che, pur non essendo un capolavoro, LaCapaGira è sicuramente uno dei film italiani più godibili degli ultimi trent’anni.
LaCapaGira [Italia 1999] REGIA Alessandro Piva.
CAST Dino Abbrescia, Paolo Sassanelli, Dante Marmone, Mino Barbarese, Mimmo Mancini.
SCENEGGIATURA Andrea Piva. FOTOGRAFIA Gianenrico Bianchi. MUSICHE Ivan Iusco.
Commedia/Noir, durata 70 minuti.