L’incubo di Jackie
Jacqueline Kennedy sta preparando un discorso davanti agli specchi di un camerino. Poco dopo è al fianco del marito, a Dallas, quando due proiettili lo colpiscono prima alla gola e poi alla testa. Si alza dal sedile dell’auto decappottabile e cerca di raccogliere i pezzi di cervello e cranio sparsi sul bagagliaio, per tenere insieme la testa del presidente.
La macchina corre, Jacqueline torna nel camerino. Piange, ha la fronte e la guancia coperte da grumi di sangue che diventano liquidi a contatto con le lacrime. Da quel momento Jacqueline Kennedy è Jackie. Larraín è un regista di volti, di primi e primissimi piani; è un autore che scava nell’intima natura dei personaggi mettendone a nudo conflitti che, principalmente, riguardano la sfera materiale con quella spirituale o, per meglio dire, la realtà con la finzione. Con Jackie prosegue e affina la sua ricerca di un cinema materico che però è sempre più memoria, filmato, documento, archivio, in cui i personaggi sono resi indistinguibili dalle figure storiche che impersonano (qui Jacqueline che cammina nelle stanze della Casa Bianca, ma pensate anche al Pinochet televisivo di No – I giorni dell’arcobaleno) ma in cui, al tempo stesso, la dimensione spazio-temporale assorbe i caratteri peculiari dell’incubo. Se Neruda era il sogno dello scrittore, Jackie è un valzer onirico che la protagonista balla fino a perdersi. Vediamo ciò che non ci è permesso vedere, sentiamo ciò che non ci è permesso udire − Jackie che si rende conto di aver (in)coscientemente dirottato il funerale, spostando l’attenzione del mondo intero su di lei –, ci avviciniamo agli eventi come mai prima d’ora, lasciando la distanza processuale del filmato Zapruder e salendo sulla macchina presidenziale. In questo incubo splende la luce di Natalie Portman, anti-diva moderna dalla bellezza disarmante, nucleo magmatico che trasforma il terreno che attraversa. Eppure lo stile di Larraín soffre il passaggio a un diverso grado di racconto, non più complesso, al contrario, più “hollywoodiano” e quindi meno adatto a sposarsi col primitivo naturalismo del suo cinema. Quando affiora, comunque, nei campi lunghi da realismo magico o nei primi piani da cui è impossibile fuggire, lancia un incantesimo di cui solo lui conosce la formula.
Jackie [id., Cile/Francia/USA 2016] REGIA Pablo Larraín.
CAST Natalie Portman, Greta Gerwig, Peter Sarsgaard, Billy Crudup, John Hurt.
SCENEGGIATURA Noah Oppenheim. FOTOGRAFIA Stéphane Fontaine. MUSICHE Mica Levi.
Biografico/Drammatico, durata 100 minuti.