Non voglio mica la Luna
Il sospetto che una spia russa stia passando importanti informazioni ai nemici spinge la CIA a incaricare due agenti di scoprire chi è la talpa, colpevole di sabotare i piani della NASA per arrivare sulla Luna. I due agenti si fingono studenti alle prese con la realizzazione di un documentario, ma oltre a portare a termine la loro missione ufficiale si trovano ad orchestrare uno dei misteri più celebri del secolo: l’uomo è realmente arrivato sulla Luna o è stata tutta solo una finzione?
Con l’escamotage del finto found footage, Operation Avalanche, presentato sia al Sundance Film Festival che al Toronto Film Festival nel 2016, mostra uno degli scenari su cui l’immaginario collettivo ha più speculato negli ultimi decenni. L’allunaggio e la gara ossessiva per conquistare lo spazio, opponendosi al fantasmagorico potere oppressivo dell’Unione Sovietica, prendono vita e corpo artigianale nelle immagini del finto documentario che Matt Johnson e compagni hanno realizzato. Nelle “immagini ripescate” dalle riprese dei due agenti/studenti all’interno dei laboratori NASA si intravedono bene molti nodi che intrecciano piani e sabotaggi, ipotesi e protocolli di sicurezza, che implicano tutta la popolazione mondiale a sua insaputa. Nelle immagini spesso questo aspetto si trasforma nell’esaltazione della teoria del complotto continuo, creando poca credibilità soprattutto per la smaccata ingenuità degli agenti CIA, ente ritenuto tra i maggiori autori di inganni ai danni dell’umanità. Anche da un lato prettamente materiale e tecnico, le immagini mostrano di continuo le tracce di una postproduzione farsesca che, per quanto voluta voglia essere, costituisce una distrazione per lo spettatore, già alle prese con personaggi (giustamente) poco presentati e poco approfonditi. Se da un lato di rende quindi in maniera apprezzabile l’ambiguità di certe situazioni e di certi personaggi (storici e non), dall’altro lato la volontà di persuasione dello spettatore è continuamente negata, se non poco riuscita. Da un lato vediamo infatti frangenti di sospensione narrativa, in cui i protagonisti si mostrano anche nei momenti di pausa dall’architettura del piano (la telefonata origliata), mentre dall’altro si attestano le dinamiche di situation room dall’importanza epocale, in cui i capi sono pronti a rivelare ai primi venuti (muniti di telecamera) piani di riserva e protocolli top secret. In questa alternanza di risultati nei vari momenti di Operation Avalanche si annida il suo peccato maggiore: cercare di ammaliare con la mise en abyme di un presunto inganno quasi mitologico ormai, ma che non lascia mai da parte velleità contemporanee e l’esaltazione di un’estetica vintage quasi mai verosimile. Che l’eminenza dell’artificio (tecnico e scientifico) sia una scelta appassionata è cosa indubbia, almeno quanto la resa finale che non le rende affatto giustizia.
Operation Avalanche [Id., Canada/USA 2016] REGIA Matt Johnson.
CAST Matt Johnson, Owen Williams, Josh Boles.
SCENEGGIATURA Matt Johnson, Josh Boles. FOTOGRAFIA Andy Appelle, Jared Raab. MUSICHE Jay McCarrol.
Mockumentary, durata 94 minuti.