Ambizione e compromesso
Virginia si gioca come fosse un film, come si fosse al tavolo del montaggio impegnati nella scelta di cosa guardare e far guardare, di dove e cosa tagliare, di quanto far durare una sequenza. Il titolo creato da Jonathan Borroughs e Terry Kenny punta tutto su questo aspetto cinematico e molto probabilmente è questa scelta di indirizzo ad aver separato scettici ed ammiratori.
Anne Tarver è un’agente speciale FBI, una donna riservata ma determinata che entra nel gioco un attimo prima di salire sul palco per ottenere la nomina. Con l’agitazione nello sguardo ed una buona dose di ansiolitici ci appare sin da principio come una figura tutta umana, piena di incertezze e cedimenti, paure e curiosità. Se avesse la parola ricorderebbe molto Julia, il personaggio bonelliano che da anni tiene alta la bandiera del crime al femminile nel fumetto italiano. Ma non ci sono voci, né dialoghi, né chiacchiericci di fondo, tutto è visibile, stampato o fotografato, come una prova o come il segno di una verità non evanescente. Al posto delle parole c’è la musica imponente e misteriosa di Lyndon Holland, che col suo ripetersi di motivi ed armonie porta il giocatore verso una spirale di visioni e insicurezze che a volte diventano tesissimi incubi. Così se l’impianto narrativo è ben supportato da personaggi interessanti e ben tratteggiati e da tecniche puramente cinematografiche – il flashback, l’iterazione degli stessi gesti, l’uso della fotografia tra colori e contrasti – quel che manca all’apparenza è il compito del giocatore, che non avverte la sensazione di creare lui stesso la “storia”, bensì vi assiste, come appunto il montatore, che si trova tra le mani una storia già scritta e filmata. Un difetto? È questo il primo gioco della neonata Variable State, quindi se da un lato se ne accettano i passi falsi e inesperti, dall’altro vanno cercate tutte le sue potenzialità. È lo stesso Borroughs ad ammettere di aver guardato ai thriller anni ‘90 e alle serie tv, su tutte Twin Peaks, per realizzare Virginia. Questa commistione così pronunciata induce un’idea di videogame che non solo prende e dona al mondo-cinema ma che si fa cinema da sé. Molta parte dell’azione del giocatore si concentra qui su quelle attività che in genere sono tenute fuori da un videogame: aiutiamo Anne a bere, a mangiare, a spostarsi, a dormire, in un certo senso la teniamo in vita. Il giocatore immaginato alla Variable State non gioca al gioco ma rende il gioco possibile. Si respira quindi un’ambizione alta che, accettando i compromessi dell’attuale mercato nel quale non ci si può che proporre da outsider, guarda ad un nuovo concetto di gameplay, basato più sull’interazione che sulla direzione. Virginia, più che giocarlo lo si guarda, lo si gode come uno spettatore che non pretende di cambiare le cose sullo schermo, ma sa che è la sua presenza a dar loro un senso.
Virginia [id., Gran Bretagna 2016] SVILUPPATORE Variable State.
DISTRIBUTORE 505 Games. PIATTAFORME Pc, Mac, PlayStation4, Xbox One.
Avventura/Thriller, durata 3 ore circa.