Turismo senza memoria
Un luogo in estate popolato da turisti provenienti da tutto il mondo. Sembrano un po’ accaldati, ma comunque sereni: c’è chi mangia grandi panini, chi scatta selfie e fotografie, chi porta grossi zaini, chi gira in bermuda e infradito. Non siamo però davanti alla Torre Eiffel, alle cascate del Niagara o all’Acropoli di Atene. Siamo nell’ex campo di concentramento di Sachsenhausen, ora diventato un monumento-museo oggetto di tour guidati e affollati.
Questo è quello che mostra Sergej Loznitsa in Austerlitz, documentario presentato alla scorsa Mostra del Cinema di Venezia che non si concentra tanto sul lager in sé, quanto sulle persone che lo visitano. Il tutto girato in bianco e nero con una regia semplice e rigorosa, che rinuncia a ogni fonte sonora extradiegetica ed è composta da una serie di piani sequenza a camera fissa in campi tendenzialmente medio/lunghi (se non in alcune precise occasioni). Scelte linguistiche dalle quali derivano immagini asettiche e inquadrature d’insieme che, da un lato sottolineano la distanza tra l’autore e i soggetti ripresi, mentre dall’altro rendono evidente quanto al cineasta non interessi tanto il gesto e l’atteggiamento del singolo individuo, quanto il comportamento della massa. Così, quello che emerge (e che colpisce) dell’opera è il climax generale, troppo vacanziero e spensierato per il luogo in cui si trova; un’atmosfera che rivela inoltre quanto in tali “visite della memoria” è proprio questa a mancare e a venire calpestata. La condotta dei turisti e delle loro guide rivela infatti che i tour in questione svuotano i lager del loro orrore, del loro peso e del loro significato storico per farli diventare delle mete turistiche quasi qualunque. Ma nonostante si concentri sui tour organizzati a Sachsenhausen, il film di Loznitsa non si sofferma tanto e solo sul “business della memoria”, ma allarga piuttosto la propria riflessione sul nostro modo di guardare il mondo e la storia. Infatti, l’opera resta vaga sul funzionamento dell’istituzione museale (non mostra le biglietterie, il sistema di prenotazione, le modalità d’arrivo, ecc.), per soffermarsi invece sulle persone che osservano e attraversano il campo. Immagini che portano a un ragionamento più ampio su come attualmente si guarda al passato e – di riflesso – alla contemporaneità. Uno sguardo che, a parte alcune eccezioni, risulta spesso indifferente, inconsapevole e superficiale, come mostra l’atteggiamento di chi lo assume. Un modo di guardare che terrorizza e mette i brividi, in quanto potrebbe essere anche il nostro, come suggerisce quest’opera, dolorosa ma assolutamente importante per capire (e domandarci) chi siamo e quale direzione stiamo intraprendendo.
Austerlitz [id., Germania 2016] REGIA Sergej Loznitsa.
SOGGETTO Sergej Loznitsa. FOTOGRAFIA Sergei Loznitsa, Jesse Mazuch. MONTAGGIO Danielius Kokanauskis.
Documentario, durata 103 minuti.