Il legno e la Storia
Aquarius è il nome di un edificio sul lungomare di Recife. Dei suoi numerosi appartamenti l’unico attualmente occupato è quello di Clara, gli altri sono andati tutti via sotto la pressione di un’importante azienda di costruzioni che ha offerto loro ingenti somme di denaro e al posto dell’Aquarius progetta un edificio moderno, sicuro, con molti piani e molti ricavi economici e di immagine.
Ma per Clara la dignità personale e i ricordi legati al suo appartamento contano molto più dei soldi e delle promesse sorridenti dei futuri costruttori. La sua resistenza ha la caparbietà e la fiducia di chi sa di essere nel giusto, ha la forza di chi ha combattuto un cancro al seno, ha la bellezza di chi sa dove trovare vitalità, gioia e serenità in un luogo costruito dal tempo, angolo dopo angolo, denso di significati, fisico e quindi presente ad ogni passo e ad ogni sguardo. Il senso di tutto ciò lo dà la stessa Clara quando, intervistata sulla sua carriera di scrittrice per la musica, è invitata a dare il suo parere sui supporti digitali: non mancano di nulla ma essendo qualcosa di evanescente, di non collocabile nello spazio, sono indifferenti al tempo che passa, non si legano ai ricordi, non si “sporcano” dei luoghi in cui sono stati o dei proprietari che li hanno posseduti. Credere che una persona possa lasciare l’appartamento in cui è cresciuta solo per soldi o in nome di un falso progresso civile è come cercare polvere in un mp3. Uno dei dischi in vinile della collezione di Clara è bello anche perché può far saltare la puntina nel solco precedente e la frase musicale può essere ripetuta più volte e l’imperfezione non è un difetto ma un segno esclusivo che il tempo ha lasciato solo in quel solco, solo su quel disco, solo per Clara. Dice ai suoi figli «ciò che appartiene al passato se è di vostro gusto lo definite vintage, se non lo è lo definite vecchio», è questa la contraddizione che la disturba maggiormente. C’è chi allora potrebbe leggere quest’idea e questo film come un inno al passatismo, ai buoni tempi di una volta: si sbaglia fortemente. È piuttosto un richiamo all’ “essere umani”, a non rinunciare al buon senso, alla convivenza che non si insegna in nessuna grande università e non si programma in nessuna agenda politico-economica. Si potrebbe chiudere gli occhi e ignorare questo mutamento, come Clara fa inizialmente chiudendo le porte degli appartamenti svuotati, ma le cose accadono comunque, senza che ce ne accorgiamo, come afferma la precisissima regia dando molta importanza a ciò che accade alle spalle dei personaggi, nel fuori fuoco, al di fuori di ogni azione propriamente detta che è invece profondamente influenzata dai retroscena. C’è ad esempio un mobiletto di legno che è e “sa” la storia dell’appartamento, sempre presente in ogni flashback o visione futura, è un mobile semplice, asciutto, senza fronzoli, ma se non curato può diventare cibo per termiti voraci. Ecco, Aquarius è un invito a questa cura, a questo rispetto del tempo.
Aquarius [id., Brasile/Francia 2016] REGIA Kleber Mendonça Filho.
CAST Sônia Braga, Humberto Carrão, Irandhir Santos, Maeve Jinkings.
SCENEGGIATURA Kleber Mendonça Filho. FOTOGRAFIA Pedro Sotero, Fabricio Tadeu.
Drammatico, durata 140 minuti.