Fighting for the future
Non c’è monito più profetico di questo – inquadrato su un cartello militare nel corto distopico di Gareth Edwards Factory Farmed (2008) – per infondere, a distanza di otto anni, “una nuova speranza” all’alleanza ribelle con Rogue One: A Star Wars Story, primo spinoff fuori canone situato cronologicamente tra Episodio III ed Episodio IV.
Rogue One è un riuscitissimo sci-fi d’autore, oltre che un’audace sottotraccia narrativa proveniente da una galassia lontana, lontana. La nuova, agguerrita eroina Jyn Erso (Felicity Jones), perde e poi ritrova il padre ingegnere responsabile della costruzione della Morte Nera con cui Darth Vader vuole stritolare interi sistemi planetari. L’aiuteranno, in uno scenario sporco e cupo da guerra asimmetrica, le ultime sacche dell’alleanza ribelle. Nell’episodio I delle “Star Wars Stories” non c’è uno “spostamento” di mitologia da un luogo all’altro della galassia, né solo l’ingigantimento di un famoso time-frame (quello presente in Una nuova speranza), ma un vero e proprio trasferimento semantico ed emotivo che ricrea le cronache di un universo già amato e (ri)conosciuto. Anzi, meglio, uno smottamento che si trascina dietro colate laviche e lapilli incandescenti, fuoco e fiamme. L’ottava avventura di Guerre stellari amplifica l’orizzonte visivo della saga e riconverte il suo spazio/tempo dalla dilatazione narrativa classica ad una compressione stringente che affoga lo spettatore tra le macerie della guerra senza lasciargli scampo. È così che il regista gestisce la sua personale battaglia: alleandosi con la vecchia mitologia, scendendo a patti col war movie hollywoodiano e mantenendosi fedele alla sua poetica. All’interno di un èpos sontuoso, il tempo di una storia (senza tempo) risulta così per nulla eterno, quasi inevitabilmente schiacciato dal peso massimo della contingenza e del realismo bellico; elementi che consentono a Rogue One di diventare tanto un ottimo film di fantascienza, quanto un prezioso tassello di una leggenda tirata, allungata e crossmediale. Si racconta dunque una storia uguale ma “diversa”, grazie ad una scrittura dall’intento pedagogico che proietta la mitopoiesi ai giorni nostri, pur riavvolgendo il nastro della memoria all’indietro, come si evince dal recupero dei costumi e delle atmosfere fine anni Settanta. I nuovi incontri che fa Jyn lungo il suo cammino, i personaggi familiari che qui ritroviamo, la consueta drammaturgia di Star Wars fatta di relazioni filiali complesse sfumate nel melodramma e l’azione vorticosa, riconfigurano, ad uso e consumo delle nuove generazioni, un immaginario denso e dai confini permeabili, iconico ed in vertiginosa espansione.
Rogue One: A Star Wars Story [Id., USA 2016] REGIA Gareth Edwards.
CAST Felicity Jones, Diego Luna, Ben Mendelsohn, Mads Mikkelsen, Riz Ahmed.
SCENEGGIATURA Chris Weitz, Tony Gilroy. FOTOGRAFIA Greig Fraser.
MUSICHE Michael Giacchino.
Azione/Fantascienza, durata 133 minuti.
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