L’assenza è presenza
Basterebbe partire dalla sigla di The Young Pope, prima serie televisiva ideata e diretta dal Premio Oscar italiano Paolo Sorrentino, per mettere sul tavolo alcune questioni salienti valide probabilmente per l’intero progetto e per il suo autore.
Anzitutto, laddove la maggioranza delle serie tv mette in sigla una rapida sequenza di immagini potentemente attrattive, Sorrentino inquadra con un lungo, unico, carrello laterale Jude Law mentre, negli abiti di Pio XIII, il papa eletto a sorpresa dal conclave romano e ora dotato di immensi poteri temporali e spirituali, percorre quella che in astratto potrebbe essere una galleria vaticana trasformata in night club. Il lettering dei credits, virato al blu elettrico di certe insegne al neon, accompagna la traversata solitaria di un uomo che, con molta probabilità, non è all’altezza del compito che gli è stato affidato, ma in virtù di una pressoché unica forma di contatto con Dio, di una impareggiabile scaltrezza politica e di un totale rifiuto delle forme precostituite della retorica rituale, incede sicuro come una cometa di fuoco nella Storia – la stessa che, magicamente, passa di dipinto in dipinto alle sue spalle, lasciando segni indelebili laddove non ci ricordavamo esistessero – e rilancia la propria performance con un occhiolino allo spettatore. La comparsa poi de La nona ora, celebre scultura di Maurizio Cattelan che ritrae Giovanni Paolo II travolto da un meteorite, lascia intendere non tanto l’istanza iconoclasta della serie, quanto una riflessione sulla dimensione mediatica e pop della figura papale, che Lenny Belardo incarna a modo proprio, cioè come un bambino che dovrebbe diventare il padre di tutti ma ancora non sa accettare di essere il figlio di nessuno, e intanto prende tempo, si nasconde, sapendo – e questo è uno degli spunti più interessanti della serie – che la presenza del papa, come per Dio, si genera dal mistero della sua assenza. Intorno al problema della propria orfanità, che come un fantasma dà inizio e provvisoriamente pone fine a tutta la vicenda, Sorrentino costruisce un uomo travolto dalle proprie ossessioni, ambiguamente oscillante tra chiusure superortodosse, a tratti fondamentaliste, che vorrebbero una Chiesa purissima e per pochi, e aperture all’Amore in cui la comunità cattolica e cristiana tout court oggi in modo definitivo si riconoscono. Questa continua oscillazione è per Sorrentino un gioco, tutto da giocare con il proprio cast stellare: adattandosi a un linguaggio televisivo che, almeno in parte, stempera l’esibito apparato tecnico delle sue regie, Sorrentino conferma il proprio gusto dell’eccesso nel groviglio idiosincratico di fatti, personaggi, intrighi, discussioni umane e divine, tentazioni e soprusi che continuamente nutre The Young Pope, lasciando pieni gli occhi dello spettatore ma inevitabilmente irrisolte le fragilità dei suoi protagonisti.
The Young Pope [id., Italia/Francia/Spagna 2016] IDEATORE Paolo Sorrentino.
CAST Jude Law, Diane Keaton, Silvio Orlando, Javier Cámara, Cécile de France, Ludivine Sagnier.
REGIA Paolo Sorrentino. SCENEGGIATURA Paolo Sorrentino, Stefano Rulli, Tony Grisoni, Umberto Contarello. FOTOGRAFIA Luca Bigazzi. MUSICHE Lele Marchitelli.
Drammatico, durata 46-60 minuti (episodio), stagione 1.
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