«Su una certa tendenza del cinema francese» (F. Truffaut)
Nel cinema, le tendenze non sono riconoscibili quanto i generi perché più vaghe e meno iconografiche, ma si possono comunque identificare per storie, tematiche, pubblico di riferimento e, a volte, linguaggio adottato.
Tra i filoni attualmente più in voga vi è quello che possiamo chiamare “cinema francese d’essai”, definizione personale e provvisoria che racchiude quei film transalpini dalle narrazioni esistenziali e dalle ambientazioni borghesi destinati a spettatori più o meno cinefili e più o meno colti (o desiderosi di esserlo). Appartiene sicuramente a tale “corrente” Le cose che verranno, l’ultima fatica di Mia Hansen-Løve premiata con l’Orso d’Argento per la regia al 66° Festival di Berlino e presentata al 34° Torino Film Festival. Nel raccontare la vicenda di un’insegnante delle superiori sulla sessantina alle prese con dei mutamenti familiari e professionali che metteranno in discussione se stessa e la propria quotidianità, l’opera adotta tutti i possibili cliché del proprio filone d’appartenenza. Infatti, il film si svolge in un contesto medio-borghese, narra una storia intimista, ha dei dialoghi ricchi di riferimenti filosofico/letterari e, infine, pone una riflessione sulla sinistra e sulla militanza politica. Tutti elementi che forse derivano in qualche modo dalla Nouvelle Vague e che spesso costituiscono la base di altri titoli francesi contemporanei, come per esempio I miei giorni più belli di Arnaud Desplechin. Ma se quest’ultimo “utilizza” i punti citati per portare avanti dei discorsi assolutamente personali, la giovane cineasta transalpina sembra maneggiarli in modo meno incisivo e originale. Se da un lato è indubbio che la Hansen-Løve riesca a raccontare la sua protagonista con un’apprezzabile delicatezza e un notevole equilibrio “tonale” (l’opera non è mai né fredda né melodrammatica), dall’altro si deve constatare una certa prolissità narrativa e l’assenza di un’impronta davvero forte e riconoscibile dell’autrice sulla materia trattata. Qui si ha infatti l’impressione che la regista “esegua” correttamente ma senza particolare creatività i cardini di quella che è, parafrasando Truffaut, «una certa tendenza del cinema francese». Ed è proprio per tali motivi che Le cose che verranno, nonostante le apparenze e le ambizioni, non può essere considerato un lavoro veramente profondo e autoriale, ma piuttosto un più semplice e comune “film di corrente”, fedele tanto a certi stereotipi quanto a uno specifico tipo di pubblico, risultando così un onesto e ben confezionato prodotto medio e commerciale, solo destinato a un mercato più ristretto e d’essai.
Le cose che verranno [L’avenir, Francia/Germania 2016] REGIA Mia Hansen-Løve.
CAST Isabelle Huppert, André Marcon, Roman Kolinka, Edith Scob, Sarah Le Picard.
SCENEGGIATURA Mia Hansen-Løve. FOTOGRAFIA Denis Lenoir. MONTAGGIO Marion Monnier.
Drammatico, durata 100 minuti.