Maniera di scrittura o di giudizio?
Per godere di Crisis in Six Scenes, commedia di Woody Allen in sei scene piuttosto brevi (circa venti minuti ciascuna), bisogna prenderla sul serio, forse anche con più serietà di quanta ne abbia messa lo stesso autore.
Uno spettatore casuale ne noterebbe l’approssimazione registica, la collocazione storica non ben caratterizzata, l’enfasi recitativa apparentemente gratuita. Sembrerebbe insomma un prodotto un po’ manieristico, senza controllo e senza grazia, e in una certa qual misura è innegabile che lo sia. Ma se provassimo un attimo ad uscire dalla valutazione-usa-e-getta, dal paradigma che tra il like e l’indifferenza lascia vuote le innumerevoli gradazioni di spiacevolezza? Proviamoci. I coniugi Sidney e Kay Muntzinger vivono in una tranquilla villetta middle-class del tutto conformi allo stile di vita “di ogni cosa non troppo” che ha nell’accontentarsi il suo strumento principe. Attorno a loro gli Stati Uniti degli anni ‘60 ruggiscono e infiammano, ma loro rispondono con una spolverata di indignazione che non è altro che un desiderio camuffato di status quo. Dopo l’esplosione di una bomba alcuni attivisti sono costretti a cercare riparo nei posti più improbabili. Una di loro, Lennie Dale, si ricorda del vecchio legame di famiglia con la signora Muntzinger e si intrufola in casa loro. Nella permanenza stringe solidi rapporti con Kay e con Allen, ragazzo dalla carriera promettente ospite in casa. La sua passione politica e civile, il suo carisma li trascinano dalla sua parte e stravolgono i loro ideali. Mentre Lennie, Kay e Allen sono personaggi lineari, tratteggiati con evidenza e quasi con ovvietà, Sidney è la figura più interessante, con le sue paranoie e la sua incapacità di fare la cosa giusta in ogni circostanza. È il solo a restare graniticamente della sua idea, con una cocciutaggine che è forse l’aspetto più realistico dell’opera e ne costituisce lo spirito comico. Se il resto sa di falso è in un certo senso inevitabile, volti come quelli di Allen o della Cyrus non possono più ingannarci e diventare personaggio, ma io dico che sia anche sapientemente voluto, Allen ha lasciato la sua figura e quella di Miley tali da lasciar spazio ad una farsesca lettura di figure reali che sul set giocano ad essere altro ma parlano di se stesse. Il fatto che Sid insista sul fatto che sta scrivendo una serie tv ne è una traccia innegabile. Le gag sono quasi del tutto verbali, come da sua tradizione, ma qui sembra che Woody abbia imitato una di quelle costruzioni assurde e picaresche che erano le prime commedie sonore statunitensi: il modello sembra quello dei fratelli Marx – citati nel finale – dove alla loro esasperazione satireggiante si sostituisce un’esasperazione propria dell’anzianità che in ogni epoca vede dissolversi il suo posto nel mondo. La scena iniziale di Sid dal barbiere che chiede un taglio alla James Dean è la chiave per entrare in un’opera che forse col tempo verrà rivalutata.
Crisis in Six Scenes [Id., USA 2016] REGIA Woody Allen.
CAST Woody Allen, Miley Cyrus, Elaine May, John Magaro.
Commedia, durata 20 minuti (episodio), stagione 1.