34° Torino Film Festival, 18 – 26 novembre 2016, Torino
Evento cardine
Il clima quasi monsonico e le piogge copiose non hanno influito sulla riuscita del 34° Torino Film Festival. Allo stesso modo, solo un brivido freddo ha creato le proposte che hanno agitato la vigilia della manifestazione, con Damilano, presidente della Film Commission e del Museo del Cinema, che ha reso pubblica la sua idea di spostare il festival a giugno, per poter fare più eventi all’aperto, coinvolgere maggiormente la popolazione e aprirsi alle periferie (in quali sale non si sa, visto che, esclusi i multiplex, non ci sono).
Idea subito – speriamo definitivamente – messa a tacere, con Emanuela Martini che ha spiegato che scendere in campo subito dopo Cannes e all’inizio della corsa verso Venezia sarebbe stato un autogoal alla Niccolai, e con la razionalità per una volta trionfante, nonostante l’insistenza di parte del giornalismo a caccia come al solito di scoop, polemiche e di strumentalizzazioni politiche. Questo in un momento in cui la vita culturale della città sabauda, tra mostre annullate, saloni del libro che hanno attraversato il Ticino ed eventi cancellati o rivisti, sta vivendo un periodo di transizione e ogni decisione e la più piccola dichiarazione a riguardo della nuova giunta pentastellata vengono analizzate al microscopio, talvolta con ragione e polemiche sensate, talvolta con un’originale non utilizzo delle fonti e per pura volontà di confondere le acque. Si aggiunga anche il fatto che il mandato di Alberto Barbera come direttore del Museo del Cinema è agli sgoccioli, che il prossimo direttore dell’ente sarà, per volontà del comune, un commercialista, e che la proposta di buonsenso di scegliere un responsabile artistico/culturale e uno gestionale, come in tutti gli enti del mondo, comprese le associazioni culturali più sfigate, non ha finora trovato successo in Palazzo di Città (il comune, n.d.a.). Ecco, questa lunga introduzione è per far capire come il 34° TFF sia avvenuto in un contesto in cui le nubi e le ombre non erano solo quelle climatiche, e come il suo successo abbia però rafforzato il suo ruolo nella vita culturale e sociale della città, ponendosi definitivamente e nonostante qualche taglio dei fondi in anni recenti come uno degli eventi cardine. Lo dimostrano le lunghe file a qualsiasi ora della giornata, i 3000 spettatori in più e le lodi arrivate sia da pubblico che dall’altrettanto folta truppa di critici, addetti ai lavori e accreditati. Del resto una manifestazione che in oltre 30 anni di storia è cresciuta rimanendo coerente e allo stesso tempo aperta a novità ed evoluzioni che non tradissero, perlomeno non del tutto, le origini e l’identità è abbastanza forte da resistere alle polemiche e alle strumentalizzazioni politiche e giornalistiche; ed è un bene così, nonostante la voglia d’estate di alcuni. Ci rivediamo l’anno prossimo, e per sicurezza portatevi un ombrello.