34° Torino Film Festival, 18 – 26 novembre 2016, Torino
SPECIALE TFF34
“Dove il ricordo di vecchi peccati può essere distrutto dalla follia di quelli nuovi”
Ispirato al diario di Gregoria de Jesús e alla sua ricerca del corpo del marito Andrés Bonifacio, rivoluzionario filippino fondatore del Katipunan, A Lullaby to the Sorrowful Mystery è il film-omaggio a José Rizal che Lav Diaz ha presentato all’ultimo Festival di Berlino, dopo aver provato per anni a realizzarlo, è un viaggio doloroso nell’anima perduta di una nazione che ha dimenticato la sua storia. E che si ritrova, oggi, nel terzo millennio, ancora una volta governata da un regime illiberale come quello di Duterte.
Ambientato nel periodo della rivoluzione contro gli spagnoli, iniziata nel 1896 dopo 300 anni di assoggettamento, A Lullaby to the Sorrowful Mystery è un film corale che, mescolando realismo e visionarietà, intreccia le vicende di personaggi eterogenei, alcuni dei quali rimandano alle opere di Rizal. È una sorta di poema malinconico per immagini e musiche, di straordinario impatto visivo, com’è sempre per Diaz, tra i veri, riconosciuti maestri, nella composizione dell’inquadratura fissa e non solo, del cinema contemporaneo. È un film pieno di rimandi interni che, nel fornire coesione alla narrazione, in cui tutto si tiene, manifestano, con il succedersi fluviale dei dialoghi, una serie di temi forti, universali. Così le figure esemplari, reali e di fantasia, di cui seguiamo le vicissitudini, esprimono sentimenti e modalità di pensiero appartenenti al popolo filippino nel suo insieme, che si ripetono ciclicamente nei secoli. Su tutti il senso di colpa atavico, per l’incapacità di orientare il proprio destino verso la libertà, che, come sostiene Simoun, nel mondo reale è solo un concetto, un ideale. Nella metafora del film, in cui la confusione tra mito e verità storica viene ostentata e denunciata, le deviazioni dalla diritta via del gruppo composto da Gregoria, la traditrice Caesaria Belarmino, Karyo e Aling Hule, perduti nella selva oscura dove convergono anche le rotte di Isagani e Simoun, si devono all’incontro con gli equivalenti delle fiere dantesche, gli stranianti tikbalang. Ma la volontà di Lav Diaz di ripercorrere dettagliatamente, con questo film e con i precedenti, la via crucis della sua nazione, tra crimini inauditi come quelli della battaglia di Silang e derive autoritarie, è la conseguenza dell’attribuzione di gravi responsabilità ai filippini tutti. “Chi è causa del suo mal pianga se stesso”. J’accuse come questo hanno l’ambizione di illuminare una nazione, con la stessa violenza con cui la luce, quasi divina, taglia i volti dei protagonisti, nel bianco e nero fortemente contrastato di Larry Manda, salvandoli dalla profondità di campo e dall’oblio, attraversando nebbie espressioniste e fumo d’oppio. Il cinema, scrittura della luce, come esorcismo dal “sorrow” e dal revisionismo politico, come liberazione da demoni dostoevskijani, come risveglio antipodico dal disimpegno della postmodernità.
A Lullaby to the Sorrowful Mystery [Hele sa hiwagang hapis, Filippine 2016] REGIA Lav Diaz.
CAST Piolo Pascual, John Lloyd Cruz, Hazel Orencio, Alessandra de Rossi, Bernardo Bernardo.
SCENEGGIATURA Lav Diaz. FOTOGRAFIA Larry Manda. MUSICHE Ely Buendia, Danny Fabella.
Drammatico, durata 485 minuti.