34° Torino Film Festival, 18 – 26 novembre 2016, Torino
SPECIALE TFF34
The spirit of the century telling us that we’re all standing on the border
Al di là del confine immaginario tra dettagliata documentazione del reale e sguardo personale sul mondo, sta il cinema impavido di Wang Bing (The Ditch, Til Madness Do Us Apart). Un cinema della durata, spesso monstre, dello spazio e del tempo, dell’individuo. Delle azioni elementari, che compongono mosaici esistenziali, armonie wisemaniane di commuovente, estrema umanità.
Ta’ang è l’ennesima dimostrazione che il digitale non comporta necessariamente un allontanamento del reale, una smaterializzazione dell’immagine. Nell’uso che ne fa Wang Bing, nei suoi pianisequenza ipnotici e penetranti, la storia contemporanea della Cina si manifesta, nel suo farsi, si fa immagine davanti a noi. La verità che frontalmente urta l’occhio dello spettatore, in questo film durissimo, è quella della guerra. In particolare, si tratta del recente conflitto che ha costretto alla fuga migliaia di persone della minoranza Ta’ang, nelle zone di confine tra Birmania e Cina. Wang Bing si aggira nelle tendopoli con disinvoltura. Si sofferma sui momenti quotidiani di interazione. Si sposta dal campo profughi di Maidihe a quello di Dayingpan. Nelle sue due ore e mezza di durata, il film non teme i tempi morti, e anzi ne fa l’elemento narrativo fondamentale su cui interviene la messa in quadro, sempre precisa e trasparente. D’altro canto, lungi dall’assomigliare a un film di Michael Bay, la guerra è fatta soprattutto di attese. Della tensione costante tra un bombardamento e l’altro. Dei tentativi di affidarsi a una routine di gesti, per allontanare l’angoscia dell’assurdità di un eterno presente. La guerra in Ta’ang è, allo stesso tempo, in campo e fuori campo. In campo, indirettamente, nell’evidente logorio dei corpi di donne, uomini, bambini. Fuori campo, nell’off oltre i confini dell’inquadratura, del visibile, nel suono sempre più vicino dell’artiglieria, degli spari. Nelle bombe invisibili, poco intelligenti. Non c’è commento musicale possibile all’orrore, solo le voci dei bambini, i campanacci dei bovini. Negli spazi sconfinati di un territorio martoriato, la terra, la natura, i suoi rumori si ergono in difesa di ciò che resta di noi uomini. Finché morte non ci separi.
Ta’ang [Id., Hong Kong 2016] REGIA Wang Bing.
SOGGETTO Wang Bing. FOTOGRAFIA Shan Xiaohui, Wang Bing. MONTAGGIO Adam Kerby, Wang Bing.
Documentario, durata 147 minuti.