34° Torino Film Festival, 18 – 26 novembre 2016, Torino
SPECIALE TFF34
Una violenza in teoria traumatica
Quando era bambina, senza capirlo ha aiutato il padre dopo che questi aveva massacrato tutte le famiglie del quartiere. Ora che il mostro è da decenni chiuso in carcere, Michèle è supplicata dall’anziana madre di fargli visita almeno una volta prima che muoia. Intanto, separata dallo scrittore allo sbando Charles e produttrice di videogiochi di successo con l’amica e complice Anna, della quale però scopa svogliatamente il marito, Michèle fatica a gestire la stupidaggine del figlio Vincent, incapace di affrontare la realtà e totalmente assoggettato alla petulante fidanzata incinta Josie.
A complicare il quadro, episodio a partire da cui Elle irrompe letteralmente nella testa dello spettatore, è lo stupro che un misterioso uomo mascherato compie ai danni di Michèle nel suo stesso appartamento. Una violenza in teoria traumatica che, sorprendentemente, la donna non denuncia e non sembra neppure voler ammettere. La vita prosegue tra inquietanti minacce virtuali e sospetti più o meno legittimi, mentre Michèle si barcamena tra la nuova fidanzata del marito, giovane insegnante di yoga, la nascita di un nipotino che il colore della pelle farebbe credere non proprio figlio di suo figlio e l’incontro con la coppia sui generis di vicini di casa, lei fondamentalista cattolica, lui solido e iper-protettivo nei confronti di Michèle, soprattutto dopo l’odiosa intrusione domestica… A descrivere l’intreccio di Elle, il nuovo capolavoro di Paul Verhoeven tratto dal romanzo Oh… di Philippe Djian, il rischio di perdere il filo è forte: in un certo senso la qualità della scrittura trova il suo pregio nella totale naturalezza della propria imprevedibilità, non solo perché al dramma si mescolano le tinte sfumate del thriller, ma perché davvero è difficile ridurre lo script a uno schema praticato o replicabile. In questo quadro il film profondamente classico e artigianale di Verhoeven nulla ha da spartire con i meccanismi finalistici della sceneggiatura tradizionale: si tratta piuttosto di suggerire allo spettatore qualcosa di connesso secondo rapporti di senso, ma in realtà disseminato di scarti, indizi disarmanti, perturbanti cambi di rotta. Così perturbanti che, per chi sa di poterlo pensare, Elle diviene presto un’esilarante commedia, in cui il rapporto di Michèle con le forme ineffabili del trauma (passato e presente), il suo posizionamento mediano tra le immagini di un padre da cui vuole eternamente fuggire e di un figlio che vorrebbe emancipato da se stesso, si mescolano alla dialettica del piacere e alla civetteria futile (ma raramente così politica) dei giochi sociali. Merito di un autore che da qualche anno gode di una feconda rilettura critica e naturalmente dei suoi superbi interpreti, prima ma non sola Isabelle Huppert, la cui recente filmografia è prova tangibile del servizio a un’arte che guarda al futuro.
Elle [Id., Francia/Belgio/Germania 2016] REGIA Paul Verhoeven.
CAST Isabelle Huppert, Laurent Lafitte, Virginie Efira, Anne Consigny, Christian Berkel.
SCENEGGIATURA David Birke (tratta dal romanzo Oh… di Philippe Djian). FOTOGRAFIA Stéphane Fontaine. MUSICHE Anne Dudley.
Commedia/Drammatico, durata 130 minuti.
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