L’allegoria ammissibile
Una delle tentazioni più forti per i giovani autori è l’allegoria: alzare il livello con significati aggiunti e arricchire forme e idee ancora acerbe, spesso ancora sotto il determinante influsso dei maestri.
Molte volte ciò che dovrebbe elevare appesantisce per inesperienza e mancanza di controllo ma non è questo il caso, Karaçelik vi riesce, con una buona direzione e con la coerenza che svela l’urgenza di un’opera nata con qualcosa da dire. Sarmasik ha fatto il giro dei festival imponendo la sua voce e la sua allegoria, lampante alle menti attente della parte più attiva del popolo turco, ma ben leggibile anche da chi è disposto a fare un semplice due più due. Abbiamo un gruppo di personaggi, sei i principali, presentati con frammenti, fotogrammi, lampi di “vite sulla terraferma” che non saranno né spiegati, né ripresi, ma che bastano a dare sin dall’inizio un abbozzo, caratteriale o emotivo, delle loro figure. A ciascuno è affidata un’anima della Turchia di oggi, c’è il potere, distante, logoro e antiquato, e ci sono i suoi funzionari servili e subordinati, ci sono i volti giovani e appassionati, che credono nel dialogo, e ci sono i miti, i bonari, che credono che le loro azioni non hanno conseguenze, ci sono le minoranze sempre presenti come ombre, pronte a ruggire e ad alzare il pugno (il nome Kurd non è preso a caso) e ci sono infine le voci grosse, gli uomini della strada, i sobillatori di professione o dubitatori per vocazione, come dir si voglia. Queste sei figure si trovano raccolte su una nave da carico in viaggio dalla Turchia all’Egitto, un mondo chiuso dove l’incontro-scontro è inevitabile, soprattutto se a metà viaggio giunge come un fulmine la notizia che la società per cui lavorano ha dichiarato bancarotta e all’imbarcazione col suo equipaggio non saranno garantiti né assistenza né rifornimenti di cibo e carburante. È la stasi, l’ancora viene gettata e la crisi economica e sociale in cui versa il paese, di cui radio e televisione riportano le notizie, invece di farsi distante e rarefatta, viene lentamente riprodotta, in tre sezioni scandite da titoli sovrimpressi e da citazioni da La ballata del vecchio marinaio di Coleridge e Wordsworth. Queste ultime spruzzano sull’opera un profumo di mistero inquieto non ben raccolto dalla messa in scena ma utile a giustificare la deriva visionaria del terzo capitolo, quando la fame, la noia e la disillusione sono al culmine e non tengono più a freno le pulsioni dei personaggi che danno sfogo a conflitti interni e a tentativi mai conclusi di ammutinamento. Qui il regista perde un po’ la presa, ma ormai il pensiero è stuzzicato e i simboli son più forti dei personaggi: l’invasione delle lumache in coperta che chiude l’opera è assurda sì, ma magneticamente significativa.
Sarmasik [id., Turchia 2015] REGIA Tolga Karaçelik.
CAST Nadir Saribacak, Hakan Karsak, Kadir Cermik, Özgür Emre Yildirim.
SCENEGGIATURA Tolga Karaçelik. FOTOGRAFIA Gökhan Tiryaki. MUSICHE Ahmet Kenan Bilgic.
Drammatico, durata 104 minuti.