SPECIALE TORINO FILM FESTIVAL STORY
Nel laboratorio di Chisciotte
Che gli adattamenti cinematografici del mito fondativo della letteratura moderna spagnola – il Don Chisciotte della Mancia di Miguel de Cervantes – siano stati in molti casi un’impresa pindarica e produttivamente fallimentare, è sufficiente la vicenda di Terry Gilliam a ricordarcelo.
Resta il fatto che nel 2006 un ancora poco noto Albert Serra, consacrato poi tra i cineasti più importanti della propria generazione, riuscì nella prova facendo con Honor de cavallería un film allo stesso tempo fedele al modello e personalissimo. Dimentichiamo l’articolato intreccio picaresco dell’originale letterario: Serra porta nei boschi due attori non professionisti (un ex allenatore di tennis e un muratore, che torneranno ancora nei suoi film successivi) e li invita a improvvisare, nei ruoli di Don Chisciotte e Sancho Panza, un dialogo impari sui principi dell’arte cavalleresca e le indiscutibili ragioni per seguirli e dedicare loro un’intera esistenza. È invero l’anziano Don Chisciotte a parlare quasi da solo, impartendo a ogni occasione – su un prato, vicino a un ruscello, sotto la luna – una lezione malinconicamente folle, mentre l’ingombrante Sancho risponde di fatto con il silenzio, ma i suoi occhi sembrano affidarsi, tanto che, dissuaso da alcuni uomini d’armi a seguire il vecchio, egli ugualmente prosegue nell’insensato viaggio, destinato a ereditare il futuro della cavalleria. La macchina da presa ritrae due corpi a stretto contatto con la natura, in vari momenti del giorno e della notte, praticando una bellezza senza artificio, vibrante anche grazie all’uso virtuoso del suono e della luce naturale. Con istintivo slancio Serra connette a una composizione visiva classica un uso sperimentale del tempo interno all’inquadratura, producendo uno scarto non soltanto percettivo, ma teorico: formidabile la celebre battaglia di Chisciotte contro i mulini, qui letteralmente ridotta a un’inerme passeggiata tra gli alberi di una foresta sconquassata dall’invisibile forza del vento. Il film si direbbe così un’elegiaca lotta contro la morte stessa degli ideali, cioè dell’uomo e del cinema, quegli appigli più autentici ed eroici a cui potersi ancorare per progettare futuri. E se per giustificare i propri fallimenti cinematografici nell’affrontare Cervantes gli altri registi hanno optato in extremis per il making of, il documentario di backstage o la messinscena del processo al lavoro, Serra dirige immediatamente il film in quella direzione laboratoriale che nutre e sostiene il risultato finale. Sono sufficienti la natura, due dorsi di cavallo, un’improbabile e ammaccata armatura, e Don Chisciotte riprende vita: la cavalleria è il principio di ogni azione, anche nel cinema. Comprendi, Sancho?
Honor de cavallería [id., Spagna 2006] REGIA Albert Serra.
CAST Lluís Carbó, Lluís Serrat.
SCENEGGIATURA Albert Serra. FOTOGRAFIA Christophe Farnarier, Eduard Grau. MUSICHE Ferran Font.
Drammatico, durata 103 minuti.