The Kiss
Sulla “sing street”, tra Irlanda e Inghilterra, post-punk e synth pop, John Carney recupera anima e note di un’epoca infarcita di icone, look stravaganti e rivoluzioni musicali, facendo sfilare i suoi adolescenti in cerca d’amore per le vie di una Dublino ruvida e spietata.
Carney ambienta la sua storia di redenzione nell’Irlanda della recessione, dell’immigrazione sfrenata e della disoccupazione, un coming of age che, anziché scimmiottare quegli Eighties dai quali nessuno è mai uscito vivo, si inserisce nel solco delle pellicole anni Ottanta, mantenendo salda la natura di film filologicamente incentrato sul periodo storico in cui la musica era la panacea di tutti i mali. I “dubliners” osservavano la rivoluzione musicale dietro gli schermi domestici, mentre in Inghilterra la New Wave ridisegnava le inquietudini di una generazione ancora inebriata dalle scorie impazzite del post-punk. Tutto ciò che desidera Conor, sedicenne costretto – a causa delle ristrettezze economiche dei genitori e del loro imminente divorzio – ad un’educazione austera presso l’istituto cattolico di Synge Street, è l’attenzione di una incantevole ragazza, forse solo un suo bacio. “Kiss me, kiss me, kiss me, your tongue is like poison” cantavano i The Cure, recuperando quella fenomenologia del bacio salvifico e insieme cimiteriale che risaliva al maledettismo francese, e sembra soffrire con loro il protagonista, ribattezzato Cosmo dalla sua dea che, poi, tanto irraggiungibile non è: al ragazzo basta infatti sfoderare i prodigi della sua ugola, formare una band e diventare il suo personale cantastorie, proprio come l’autore che ha dato vita al suo personaggio sullo schermo, quel John Carney ex bassista dei The Frames e regista di Once e Tutto può cambiare. Tra nostalgia e recupero dotto, finzione e racconto biografico, Carney dimostra di essere un impeccabile bardo dei tempi moderni utilizzando la musica – scritta da lui insieme a Gary Clark – come chiave di volta attraverso cui decifrare i sogni romantici degli adolescenti. Dalla ballata a due di Once, il regista ci insegna che “tutto può cambiare”, che la rabbia per i problemi familiari irrisolti e per un’educazione di strada feroce può essere superata grazie alle melodie di Duran Duran, Jam, Hall & Oates, Spandau Ballet e alle amorevoli cure di un fratello-mentore. Forse solo così è possibile diventare “happy-sad”, etichetta che, in modo geniale e profetico, il fratellone di Cosmo affibbia a Robert Smith. Le emozioni sprigionate da accordi e parole sono note impazzite che rimbalzano da un luogo all’altro dell’anima, frugano nel proletariato allo sbaraglio e si infrangono contro il mondo degli adulti, ma le vibrazioni scatenate diventano l’eco di una generazione intera, risuonando anche al di fuori delle sale concerto, dove le luci del palcoscenico si spengono e la realtà diventa imprescindibile sogno d’evasione.
Sing Street [id., Irlanda 2016] REGIA John Carney.
CAST Lucy Boynton, Maria Doyle Kennedy, Aidan Gillen, Jack Reynor, Kelly Thornton.
SCENEGGIATURA John Carney. FOTOGRAFIA Yaron Orbach. MUSICHE Gary Clark, John Carney.
Commedia/Musicale, durata 105 minuti.