Emozioni mai
Fa impressione pensare che il regista del disturbante e ribelle I pugni in tasca sia lo stesso del convenzionale e prevedibile Fai bei sogni. Forse fa meno effetto se si pensa ai cinquantuno anni che separano i due film. Dispiace confermare l’evidente parabola discendente della longeva e prolifica carriera di Marco Bellocchio iniziata dopo l’interessante e discusso Vincere, film pieno di vitalistica energia e in grado, come spesso accaduto per le opere del regista nato a Bobbio, di far discutere.
Fai bei sogni sconcerta innanzitutto per la sua natura anonima. Insipido il protagonista Valerio Mastandrea, che ha il physique du rôle per essere l’alter ego del noto giornalista Massimo Gramellini (autore del best seller autobiografico da cui il film è tratto), ma non trova mai il tono giusto nell’interpretazione e quasi irrita per la noncurante cadenza romaneggiante alla quale obbliga un personaggio la cui identità torinese – e soprattutto torinista, con la nota passione per la squadra di calcio – è ben presente durante tutto il film.
Certo, ad accentuare l’inverosimiglianza di questo giornalista tanto brillante sul lavoro quanto fragile e infelice nella vita, contribuisce ancor di più una sceneggiatura che gli regala prima un’improbabile liaison con una Miriam Leone dall’acconciatura ancor più improbabile, poi una storia d’amore lacunosa e scialba con la spaesata Bérénice Bejo. Lo script è la maggiore zavorra di Fai bei sogni perché depotenzia con dialoghi banali la bellezza formale (grazie anche all’efficace contributo di Daniele Ciprì alla fotografia) di qualche scena e a fronte di alcune battute azzeccate – soprattutto quelle del sacerdote-maestro Roberto Herlitzka sull’importanza esistenziale dell’uso di “nonostante” rispetto a “se” – ne propone altrettante enfatiche e fintamente profonde. Una sceneggiatura fin troppo altalenante, che dipinge i momenti migliori durante l’infanzia del protagonista – il rapporto con la madre, il rifugio dopo la sua perdita nell’atipico amico immaginario Belfagor – e progressivamente si perde nel voler rincorrere troppi temi, che finiscono per essere banalizzati, nel racconto della vita adulta del protagonista: l’intervista con un cinico industriale, l’esperienza da reporter di guerra. La riflessione sul dolore della perdita materna e sulla complessa, mai davvero avvenuta, elaborazione del lutto, che avrebbe dovuto essere il cuore pulsante del film, viene diluita nell’eccessiva lunghezza e rimane colpevolmente in superficie. Così la rivelazione finale, che illumina di verità l’antica tragedia, non assume alcun ruolo epifanico, e se lo spettatore che già la conosce finisce per bramarne la comparsa solo perché coincide con la fine del film, per chi ne è ignaro finirà tristemente per perdere qualunque interesse.
Fai bei sogni [Italia 2016] REGIA Marco Bellocchio.
CAST Valerio Mastandrea, Bérénice Bejo, Guido Caprino, Fabrizio Gifuni, Roberto Herlitzka.
SCENEGGIATURA Marco Bellocchio, Edoardo Albinati, Valia Santella (tratta dall’omonimo romanzo di Massimo Gramellini). FOTOGRAFIA Daniele Ciprì. MUSICHE Carlo Crivelli.
Drammatico, durata 134 minuti.