La notte più lunga
“Ormai è quasi mezzanotte, quindi mettete a letto i bambini, date una carezza e dite: questa è la carezza di Enrico Mentana […]”. Così i The JackaL, fenomeno del web, scrivono sulla loro pagina Facebook ironizzando su La notte americana e sull’aura quasi papale dell’anchorman. È unto dal Signore, spregiudicato però come il Pio XII di Sorrentino, è re Mida che rende Evento tutto ciò che tocca (#MaratonaMentana è 4° in classifica nella trend topic mondiale).
È più imitazione della sua imitazione (alcune gag reali sembrano scritte da Maurizio Crozza), gioca con furbizia e arguzia con e sui social network. Partendo dal telegiornale, passando per Matrix, è arrivato alla sua migliore declinazione: è Mentana, sardonico, ironico e crudele alle volte. È un maratoneta, vuole arrivare prima degli altri e affermare la sua supremazia. Il giornalista è al centro di una guerra alla House of Cards, immersa in un’atmosfera alla Black Mirror, chiamata La notte americana, quella in cui si decide chi tra Hillary Clinton e Donald Trump sarà il nuovo Presidente degli Stati Uniti. Il programma scorre tra le analisi di Damilano, Bechis, Sechi, Formigli, habituè della rete, e sui collegamenti da New York e con l’ambasciata americana per tastare il polso della situazione. Il tycoon con i capelli arancioni fa sul serio, politica tout court, sembra un futuro distopico in cui il miliardario razzista e sessista spariglia le carte. È veramente la notte più lunga e ci si interroga sul valore e sulle conseguenze in politica interna ed estera di una eventuale vittoria dell’outsider o della prima donna Presidente. Con i primi numeri e i vari “too close to call”, a poco a poco, prende corpo l’Inaspettato che si può leggere sulle facce all’inizio stupite, poi esterrefatte dei presenti: la vittoria della Clinton non è così scontata. Al di là del risultato inquietante, così simile al “leave” inglese, scioccante come la caduta del Muro di Berlino e l’11 settembre, è il modus narrandi a interessare. Il racconto dell’elezione viene sviscerato ed eviscerato su più fronti, ma intorno a questo evento si scrive anche una pagina di satira internazionale e nazionale. Mentana ha dalla sua ironia e tempi comici, aiutato per l’occasione anche dal team di Zoro (Gazebo) e da Emiliano Carli che fanno da contrappunto all’urgenza dell’avvenimento con battute, vignette e fotomontaggi. È però Chicco quello che tira i fili e scioglie i nodi di una narrazione che forse potrebbe essere fin troppo verbosa (“Nessun buco blu in mezzo a quelli rossi e nessun buco rosso in mezzo a quelli blu” dice Sechi e lui risponde “finalmente abbiamo un poeta tra noi”), smantellando alcune frasi fatte del giornalismo contemporaneo (l’abusato “parlare alla pancia” si traduce in “se parli alla pancia c’è sempre un altro organo che risponde”). Mentana smonta e costruisce La notte americana, se la ride e deride, analizza e studia, usando dei mantra (“Questo è un dato interessante”) e così va avanti come un caterpillar fino a quando il risultato è quasi certo: la vittoria va a Donald Trump. Il direttore non ha tradito le aspettative e ora siamo in attesa della prossima maratona, quella sul referendum.